Il viaggio del presidente Trump nel Golfo Persico ha aperto una nuova fase di intese miliardarie tra Washington e l’Arabia Saudita, coinvolgendo i principali attori della Silicon Valley. L’obiettivo è rafforzare la posizione americana nel campo dell’intelligenza artificiale, rilanciando collaborazioni tecnologiche e investimenti significativi. Questi accordi scardinano le restrizioni hi-tech introdotte dalla precedente amministrazione Biden, segnando un cambio di rotta nelle strategie industriali e diplomatiche degli Stati Uniti in Medio Oriente.
Le nuove intese tra silicon valley e l’Arabia saudita
Il tour di Trump in Medio Oriente ha portato alla firma di diversi contratti tra società tecnologiche americane e aziende saudite. Tra i più rilevanti c’è il patto tra Nvidia e Humain, una società saudita specializzata in intelligenza artificiale. Secondo i termini dell’accordo, Nvidia fornirà a Humain centinaia di migliaia di processori avanzati nei prossimi cinque anni, iniziando con la consegna di 18.000 superchip Gb300 Grace Blackwell e l’utilizzo della piattaforma di calcolo InfiniBand. Questo contratto ha avuto un impatto immediato su Nvidia, il cui valore in borsa è cresciuto del 5,6% superando la capitalizzazione di mercato di 3.000 miliardi di dollari, un livello record dal febbraio scorso.
Ruolo di ceo e colossi della tecnologia
Questi accordi rappresentano un movimento strategico per consolidare il ruolo di dominanza americana nell’intelligenza artificiale, coinvolgendo non solo Nvidia, ma vari altri colossi della tecnologia. La partecipazione di CEO come Elon Musk, leader di OpenAI, e rappresentanti di Amazon testimonia il peso politico e commerciale di questa missione in Medio Oriente.
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Investimenti sauditi e collaborazioni strategiche
L’Arabia Saudita, spinta dal fondo sovrano PIF, sta ampliando i propri investimenti nel settore tech statunitense, dimostrando interesse sia per i data center negli Usa che per progetti congiunti con giganti come Google e Oracle. DataVolt, controllata dal fondo sovrano, ha annunciato un piano di investimenti da 20 miliardi di dollari per realizzare infrastrutture tecnologiche negli Stati Uniti. In aggiunta, spenderà altri 80 miliardi in collaborazioni dirette con compagnie americane, con l’intento di accedere alle più avanzate tecnologie di intelligenza artificiale.
La società saudita Humain si inserisce in questo quadro con diverse partnership: ha in corso un progetto da 10 miliardi di dollari con Amd per chip e software dedicati ai data center e sta lavorando a un’intesa con Global Ai, una società di big data con sistemi di AI statistica, per un nuovo data center a New York. Questi investimenti mettono in evidenza la spinta saudita verso un ruolo centrale nel settore dell’intelligenza artificiale, in sinergia con le aziende americane.
Amazon, cisco e l’espansione tecnologica in arabia saudita
Oltre a Nvidia e Amd, altre multinazionali americane partecipano a questa nuova fase di collaborazione. Amazon investirà più di 5 miliardi di dollari per sviluppare un polo di intelligenza artificiale in Arabia Saudita, sfruttando le proprie tecnologie cloud Aws per realizzare software rivolti alle amministrazioni governative saudite. Un progetto che rafforza il legame economico e tecnologico tra i due paesi, con ricadute sull’ecosistema tecnologico locale.
Anche Cisco, nota azienda specializzata negli apparati di rete, si sta inserendo in questo nuovo scenario collaborativo. La multinazionale ha avviato una partnership con Humain e sta amplificando quella già esistente con G42, una società emiratina attiva nel campo dell’intelligenza artificiale. Questi accordi sembrano disegnare una rete di cooperazioni che mira a incrementare la presenza americana nel Golfo, sfruttando sia le capacità tecnologiche che la domanda crescente nella regione.
Addio alle restrizioni tecnologiche dell’amministrazione biden
La svolta negli accordi tecnologici con l’Arabia Saudita rappresenta una chiara inversione di rotta rispetto alle politiche adottate dal governo Biden. L’amministrazione precedente aveva imposto restrizioni rigide sulle esportazioni di chip e tecnologie avanzate per bloccare il trasferimento di know-how a paesi neutrali o considerati meno sicuri, nello sforzo di contenere la crescita tecnologica della Cina.
Prima di lasciare la presidenza, Biden aveva fatto approvare una legge che limitava fortemente le vendite di chip ad una vasta lista di nazioni, creando malumori tra le aziende tech e interlocutori internazionali. Trump, invece, ha deciso di smantellare quella linea dura, sostituendola con un approccio più permissivo. E’ indicativo che, oltre all’accordo con l’Arabia Saudita, stiano emergendo piani per forniture tecnologiche anche a Qatar ed Emirati Arabi Uniti, entrambi ormai fondamentali nel mondo dello sviluppo dell’intelligenza artificiale.
Questo spostamento politico segna un cambiamento nella strategia americana, che punta ora a utilizzare la tecnologia come leva per mantenere e rafforzare l’influenza in Middle East, allargando il campo delle collaborazioni ai paesi del Golfo in rapida crescita tecnologica.