La scoperta di tracce di Dna sul corpo di Stefano Dal Corso potrebbe segnare una fase cruciale nelle indagini riguardanti la sua morte avvenuta nel carcere di Oristano nel 2022. Dopo mesi di richieste e attese, l’autopsia finalmente condotta ha portato alla luce elementi nuovi e significativi, mantenendo alta l’attenzione della cronaca su un caso che continua a sollevare interrogativi.
La lunga attesa per l’autopsia
Il caso di Stefano Dal Corso ha preso avvio il 12 ottobre 2022, giorno in cui il 42enne è stato dichiarato deceduto nel carcere di Oristano. Sin dai primi momenti del suo decesso, la famiglia ha sollevato dubbi riguardo alla versione ufficiale del suicidio. Nonostante le reiterate richieste di un’autopsia, ci sono voluti sette rifiuti prima di ottenere il via libera all’esame del corpo. Il presidente dell’associazione di difesa dei detenuti, insieme all’avvocato della famiglia Dal Corso, Armida Decima, ha manifestato la propria amarezza per il prolungato immobilismo, evidenziando come una tempestiva autopsia avrebbe potuto fornire risultati e informazioni più esaustive.
La relazione degli esperti ha rivelato che, a causa dell’avanzato stato di deterioramento degli organi, non è possibile stabilire con certezza le circostanze della morte. Ciò ha portato alla possibilità che il decesso possa essere avvenuto sia per impiccagione che per strangolamento, specialmente dopo che dei testimoni hanno riferito di una lite con alcune guardie carcerarie.
La scoperta del Dna
Uno dei risultati più rilevanti emersi dall’autopsia è stata la rilevazione di tracce di Dna sia sul corpo di Dal Corso che sul laccio rinvenuto nella sua cella. Questa scoperta rappresenta un’opportunità significativa per le indagini, poiché permette di avviare un confronto tra il Dna trovato e le persone presenti nel carcere al momento del ritrovamento del cadavere.
La presenza di Dna potrebbe, infatti, contribuire a ricostruire le dinamiche della morte di Dal Corso e a chiarire i punti oscuri che ancora avvolgono questo caso. I familiari si appellano ora alle autorità affinché le analisi siano condotte con la massima celerità, considerando che le eventuali evidenze potrebbero indicare un coinvolgimento di terzi e mutare la narrazione fino ad ora prevalente.
Sostanze presenti nel corpo
A conferma di quanto già si sospettava, i medici hanno anche rilevato la presenza di varie sostanze nel corpo di Stefano Dal Corso. Tra queste risultano farmaci antidepressivi e metadone, che il giovane assumeva regolarmente in carcere. Tuttavia, le analisi non sono riuscite a chiarire le quantità dei farmaci presenti al momento della morte.
Il legale della famiglia, Armida Decima, ha sollevato interrogativi riguardo l’eventuale combinazione e il dosaggio di queste sostanze, chiedendosi se fossero state assunte in dosi tali da causare un effetto sedativo o stordente. Comprendere il livello di queste sostanze è essenziale per interpretare correttamente le circostanze del decesso. Ancor più importante sarà stabilire se la morte di Dal Corso possa essere correlata a possibili negligenze o malpratiche all’interno del sistema penitenziario.
In attesa di sviluppi, la questione rimane al centro dell’attenzione pubblica e delle autorità, con i familiari del giovane che continuano a lottare per la verità e per ottenere giustizia per Stefano.
Ultimo aggiornamento il 2 Ottobre 2024 da Laura Rossi