L’indagine condotta da AstraRicerche per conto di Manageritalia ha sondato l’umore di oltre 1.000 manager italiani rispetto alle tensioni commerciali generate dalla guerra dei dazi. Emergono preoccupazioni sul futuro degli scambi internazionali e l’impatto che queste dinamiche avranno sull’economia italiana. In particolare, l’incertezza legata alle mosse della presidenza Trump e ai negoziati ancora aperti pesa sul clima di fiducia dei dirigenti. Il commento dell’economista Tito Boeri inquadra i timori e suggerisce strategie da seguire per sostenere l’impresa italiana in un momento delicato.
Il clima di incertezza tra i manager e l’effetto dei negoziati commerciali
I manager italiani si trovano a fare i conti con un contesto mondiale segnato da tensioni commerciali che perdurano. Le trattative tra Stati Uniti e partner internazionali appaiono lunghe e ricche di ostacoli, mettendo in difficoltà le pianificazioni aziendali. Nonostante vi siano ipotesi di accordi temporanei, queste soluzioni non assicurano stabilità duratura. L’incertezza, più che il danno immediato, emerge come il principale rischio in questa fase. L’economia risente di questa instabilità, specie nelle previsioni di investimento e nelle strategie di esportazione.
I timori dei manager e richieste di chiarezza
I manager intervistati mostrano una chiara richiesta di chiarezza e di un orientamento più definito da parte delle istituzioni europee e nazionali. Le imprese si sentono esposte a scelte che sfuggono al loro controllo e ritengono che una politica ambigua o indecisa possa amplificare la crisi causata dai dazi. In particolare, la prudenza e la ricerca di equilibri neutri rischiano di tradursi in una debolezza complessiva a livello europeo, compromettendo l’efficacia delle contromisure.
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Il ruolo dell’Europa nelle tensioni commerciali e l’importanza di una posizione compatta
Secondo Tito Boeri, una risposta decisa dell’Europa può contenere gli effetti di questa fase instabile. Un fronte unico capace di adottare contromisure, come l’introduzione di dazi bilanciati, sarebbe in grado di influenzare positivamente l’equilibrio dei rapporti commerciali. L’economista sostiene che questa strategia potrebbe indurre gli Stati Uniti a rivedere le proprie politiche tariffarie, intervenendo così sul meccanismo che sta scatenando le tensioni.
Rischio di indebolimento senza unità europea
Al contrario, l’assenza di un orientamento comune e forte, non solo indebolirebbe la posizione europea ma rischierebbe di danneggiare direttamente l’Italia, specialmente nel settore delle esportazioni. Le imprese italiane, già provate dal contesto globale, possono subire una contrazione significativa senza il sostegno attivo europeo. Parallelamente, una reazione compatta dell’Europa potrebbe sottoporre pressione sugli Stati Uniti aumentando costi a carico dei consumatori americani, innescando così effetti inversi ai dazi imposti.
La possibilità di escalation commerciale e i rischi per il commercio globale
Non si possono trascurare i rischi legati a un’escalation delle controversie commerciali, a cui potrebbe far seguito un aumento delle barriere tariffarie da parte di altri Paesi. Il clima di tensione potrebbe amplificarsi e causare danni sistemici agli scambi internazionali, con un possibile ritorno a una fase di contrapposizione protezionistica estesa.
Necessità di una reazione tempestiva
La situazione richiede una reazione tempestiva da parte degli attori coinvolti, evitando ritardi o indecisioni che aggraverebbero gli effetti negativi. Per le aziende italiane e europee, mantenere una posizione defilata o attendista rappresenta un rischio concreto. La sfida più immediata resta quella di contrastare le pressioni commerciali con iniziative coordinate e tempestive, limitando così la diffusione di politiche tariffarie aggressive che mettono a dura prova la stabilità del commercio globale.