Torino: intrigo tra gioielli e truffe, tre gioiellieri sotto accusa per frode da 116mila euro

Torino: intrigo tra gioielli e truffe, tre gioiellieri sotto accusa per frode da 116mila euro

Tre gioiellieri di Torino, accusati di una truffa da 116mila euro, ingannano un cliente spacciandosi per esperti e sottraendo preziosi diamanti e orologi di lusso. Indagini in corso.
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Torino: intrigo tra gioielli e truffe, tre gioiellieri sotto accusa per frode da 116mila euro - Gaeta.it

L’eco di una vicenda giudiziaria avvolge Torino, dove tre gioiellieri – Catello Iovino, suo figlio Edoardo e Giuseppe Lentini – si trovano al centro di un’inchiesta che ha già sollevato un polverone. L’accusa principale: una truffa architettata con astuzia che ha raggirato un cliente innocente, all’ombra di preziosi diamanti e orologi di lusso mai restituiti. Questa storia, che arricchisce il già turbolento passato della famiglia Iovino, riporta alla luce episodi di appropriazione indebita che hanno attirato l’attenzione delle autorità.

Il giallo dei diamanti: una truffa a dir poco clamorosa

La trama di questo intrigo prende il via dal malinteso tra un cliente e Giuseppe Lentini, il quale si spacciava per un perito gemmologo, professionista che in realtà non esiste. La vittima, fidandosi di questa falsa qualifica, ha fornito 66mila euro per l’acquisto di ben undici gemme, vendute come diamanti di alta qualità. Malfidamente, ciò che doveva rappresentare un investimento si è rivelato un incubo: i presunti diamanti erano, in realtà, semplici zirconi, privi di qualsiasi valore commerciale.

La truffa ha preso una piega ancora più preoccupante. Con la scusa di necessità di analisi e confezionamento, i gioiellieri hanno persuaso il cliente a consegnare ulteriori quattro diamanti autentici, dal valore complessivo di 50mila euro. Al momento della prevista restituzione, la situazione si è ripetuta: i legittimi gioielli non sono mai tornati, dando vita a uno sconcertante totale di 116mila euro di danni per il cliente e a una viver senza valore composta da quindici pomposi ma infondati zirconi.

Le accuse e la reazione legale

Sotto la guida della procuratrice Barbara Buonanno, l’inchiesta si è conclusa con la formalizzazione delle accuse nei confronti dei tre uomini. Catello e Giuseppe Lentini sono stati assistiti dall’avvocato d’ufficio Alessandro Marampon, mentre Edoardo Iovino ha deciso di optare per la difesa di Ruggero Marta, un avvocato di fiducia. Fin dalle prime udienze, Edoardo ha cercato di smorzare le voci riguardanti il suo presunto coinvolgimento, presentando se stesso come un semplice operatore dedito a lavori di riparazione e piccole opere, allontanando ogni responsabilità dalla gestione del negozio di corso Svizzera, a lui intestato ma, a suo dire, gestito dal padre.

Le affermazioni di Edoardo, tuttavia, sono in contrasto con gli sviluppi dell’inchiesta e con i testi dei testimoni che hanno messo a nudo le intricanti dinamiche interne alla gioielleria.

Un passato incriminante: le ombre sulla famiglia Iovino

Non è una novità che i nomi di Catello ed Edoardo Iovino siano stati coinvolti in casi giudiziari in precedenza. Già in passato, padre e figlio si erano trovati al centro di inchieste per appropriazione indebita. Un episodio, riguardante la scomparsa di un orologio di poco valore, si è concluso con la richiesta di archiviazione per “tenuità del fatto”. Tuttavia, Edoardo è attualmente accusato della sparizione di un prestigioso orologio Tag Heuer Monaco Steve McQueen, un pezzo raro del valore di 5mila euro, mentre un’indagine parallela evidenzia la sparizione di dieci diversi orologi, tra cui un Rolex GMT e un Omega.

Questi eventi si intrecciano con una narrazione complessa, rivelando un sistema di operazioni discutibili legate al mondo del commercio di gioielli e orologi di lusso, in cui la fiducia del cliente è stata tradita con astuzia e manovre scellerate.

Una strategia difensiva controversa

Per giustificare le mancate restituzioni, Catello Iovino ha adoperato scuse relative a presunti problemi di salute, lamentando un intervento chirurgico che avrebbe ostacolato la sua attività. Inoltre, ha denunciato un furto di Rolex ai carabinieri di Pozzo Strada. Tuttavia, secondo la pm Buonanno, queste affermazioni potrebbero configurarsi come tentativi di simulazione di reato, complicando ulteriormente la già intricata situazione.

Un sistema di inganni in evidenza

Le vicende legate ai gioiellieri torinesi forniscono uno spaccato preoccupante sulla vulnerabilità del settore e sull’opportunità di interventi normativi che possano prevenire future frodi. La storia della famiglia Iovino non è solo una questione giuridica, ma solleva interrogativi sul modo in cui il commercio di beni di valore possa essere soggetto a inganni e appropriazioni indebite. Le indagini hanno raggiunto un punto cruciale, e ora spetta al sistema giudiziario stabilire le responsabilità. Ci si augura che la verità emerga, portando chiarezza non solo alla vittima di questa frode, ma anche all’intera comunità che osserva con apprensione l’evoluzione di questa intricatissima vicenda.

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