Sciopero generale nelle università contro tagli, precariato e basso salario il 12 maggio

Sciopero generale nelle università contro tagli, precariato e basso salario il 12 maggio

Lo sciopero generale del 12 maggio coinvolge università italiane e personale precario, che protestano contro tagli ai finanziamenti, condizioni salariali insoddisfacenti e la riforma Bernini promossa dal governo Meloni.
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Il 12 maggio le università italiane scioperano contro i tagli ai finanziamenti, la precarietà lavorativa e le basse retribuzioni, chiedendo più investimenti, stabilizzazione del personale e la fine degli appalti esterni. - Gaeta.it

Lo sciopero generale delle università italiane indetto per il 12 maggio mette al centro una protesta contro tagli ai finanziamenti, precarietà lavorativa e condizioni salariali insoddisfacenti. La mobilitazione, promossa dalla Confederazione nazionale di base , interessa diversi atenei e punta a denunciare scelte governative che riducono gli investimenti e peggiorano lo stato del personale universitario.

Le ragioni dello sciopero contro i tagli e la precarietà negli atenei

Le organizzazioni Flaica-Cub e Cub-Sur evidenziano come il governo guidato da Giorgia Meloni abbia optato per un aumento del debito nazionale finalizzato in gran parte alla spesa militare. A fronte di questi ingenti investimenti nel comparto della difesa, le risorse destinate all’università e alla ricerca subiscono tagli significativi. Il risultato è un’ulteriore diminuzione dei fondi necessari per garantire il funzionamento e lo sviluppo degli atenei.

Il nodo centrale della protesta riguarda anche la cosiddetta riforma Bernini, che introduce nuove forme di precarietà per i lavoratori universitari, molti dei quali non vedono riconosciuti contratti stabili né salari dignitosi. Per gli addetti impiegati attraverso appalti esterni, la situazione è particolarmente critica. Questi lavoratori sono chiamati ad accettare condizioni peggiori rispetto ai dipendenti diretti, con stipendi ridotti e minori tutele.

La manifestazione denuncia quindi la mancanza di investimenti adeguati e lo smantellamento progressivo di posizioni stabili dentro l’università pubblica. Viene contestato in modo esplicito il legame tra la spesa per armamenti e la riduzione delle disponibilità per il settore accademico.

Modalità della protesta a torino, milano e altre città

Nella città di Torino, le attività inizieranno la mattina dalle 7.30 con un presidio organizzato al Castello del Valentino. Nel corso della giornata è previsto un corteo che partirà alle 14.30 verso il Rettorato dell’università, concluso da un’assemblea finale intorno alle 17. Questo momento servirà a discutere le richieste e a indicare i prossimi passi della mobilitazione.

A Milano, invece, è stato programmato un presidio presso l’università della Bicocca che prenderà il via alle 11. La partecipazione è aperta a studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo, che si uniscono alla protesta per denunciare le condizioni di lavoro e la situazione finanziaria del sistema universitario nazionale.

In altre città italiane sono annunciati eventi e azioni simili, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla crisi che investe la ricerca e la formazione. Questo sciopero intende rafforzare la richiesta di una nuova politica che riconosca il valore del lavoro degli addetti e garantisca risorse adeguate.

Le richieste della cub per un finanziamento diverso e la stabilizzazione del personale

La Cub punta a un cambio di rotta nelle scelte di bilancio dello Stato. La richiesta principale consiste nel ridurre la spesa dedicata al settore militare dirottando quei fondi verso il finanziamento ordinario dell’università. Obiettivo dichiarato è la stabilizzazione del personale precario, attraverso meccanismi di assunzione più trasparenti e contratti sostenibili.

Tra le richieste ce n’è anche una più rigorosa selezione dei ricercatori tramite concorsi nazionali, che sostituiscano le valutazioni interne spesso criticate per favorire interessi consolidati. Si chiede inoltre la fine del sistema degli appalti che coinvolge personale esterno con contratti meno tutelati e spesso meno pagati.

Nel dettaglio, la Cub chiede che tutti i lavoratori attualmente esternalizzati vengano assunti direttamente dagli atenei, con condizioni equiparate al resto del personale. Le rivendicazioni puntano a ripristinare un equilibrio tra qualità della ricerca, qualità del lavoro e continuità delle carriere.

Questa mobilitazione rappresenta un momento importante di confronto e protesta in un quadro che vede università e ricerca affrontare difficoltà crescenti. L’esito dipenderà dalla capacità di coinvolgere non solo il mondo accademico, ma anche la politica e la società civile.

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