Scarcerazioni successive scuotono il maxiprocesso al clan moccia a napoli

Scarcerazioni successive scuotono il maxiprocesso al clan moccia a napoli

Il maxiprocesso al clan Moccia a Napoli registra nuove scarcerazioni per decorrenza dei termini cautelari, sollevando dubbi su ritardi giudiziari e complicando l’andamento dell’inchiesta e la gestione delle prove.
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Il maxiprocesso al clan Moccia di Napoli registra scarcerazioni di massa per decorrenza dei termini cautelari, sollevando dubbi sui ritardi e la gestione del procedimento giudiziario. - Gaeta.it

Il maxiprocesso al clan moccia a Napoli continua a registrare nuovi sviluppi legati a scarcerazioni di massa. Decine di imputati, tra cui figure chiave della cosca, hanno lasciato il carcere per decorrenza dei termini di custodia cautelare. Nell’ultimo periodo, cinque ulteriori accusati sono tornati in libertà, confermando una tendenza che solleva dubbi sul ritmo e l’organizzazione del procedimento giudiziario. Di seguito, tutti i dettagli sulle ultime decisioni, le motivazioni e gli effetti sull’inchiesta.

Le nuove scarcerazioni e i protagonisti dell’ultima ondata

Negli ultimi giorni, la sesta sezione feriale del tribunale di Napoli ha disposto la scarcerazione di cinque imputati nell’ambito del maxiprocesso al clan moccia. Tra loro c’è Filippo Iazzetta, cognato della famiglia e considerato un nodo centrale nell’organizzazione del gruppo criminale. Iazzetta è assistito dagli avvocati Claudio Davino e Antonietta Genovino.

Gli altri imputati scarcerati sono: Francesco Di Sarno , Angelo Piscopo e Benito Zanfardino, con lo stesso legale di Iazzetta, Claudio Davino. Questi nomi si aggiungono agli esponenti storici della famiglia moccia già liberati nelle settimane precedenti, come Antonio, Gennaro e Luigi Moccia, insieme ad altri associati coinvolti. In totale, quindi, sono quindici gli imputati usciti dal carcere in attesa della sentenza di primo grado.

Le scarcerazioni hanno attirato attenzione anche a livello istituzionale. Sono state motivo di analisi e discussione tra i vertici della giustizia campana, data la vastità del processo e l’importanza strategica degli imputati per l’intera inchiesta.

Cause e motivazioni legali dietro l’ondata di scarcerazioni

Il motivo principale dietro le scarcerazioni recenti è la decorrenza dei termini massimi previsti per la custodia cautelare, fissati a tre anni. L’interpretazione dei tempi però è stata oggetto di contrasto. La procura di Napoli ha sostenuto che i tre anni dovessero calcolarsi da dicembre 2022, quando il tribunale di Napoli Nord si era dichiarato incompetente e aveva trasferito il fascicolo al tribunale di Napoli.

Gli avvocati difensori hanno contestato questa posizione, proponendo che il termine iniziasse a decorrere dalla data del decreto di giudizio immediato, il 22 luglio 2022. La sesta sezione feriale ha accolto questa seconda lettura, con il risultato che i tempi di custodia cautelare sono stati superati per almeno quindici imputati e ciò ha reso obbligatoria la loro scarcerazione.

In alcuni casi, ai soggetti sottoposti a misura cautelare sono stati imposti divieti specifici, come l’obbligo di dimora fuori dalle regioni Campania e Lazio. Questi provvedimenti mirano a limitare i rischi di reiterazione del reato o di inquinamento delle prove, mentre si attende l’esito del processo che si annuncia ancora lungo.

Andamento del processo: ritardi e prospettive future

Il processo al clan moccia è iniziato nell’ottobre 2022 e prosegue davanti alla settima sezione penale del tribunale di Napoli. Dopo oltre sessanta udienze, la sentenza di primo grado non è ancora stata pronunciata. Le udienze si svolgono in media due volte a settimana, spesso fino a tarda sera. Questo ritmo non è riuscito a fermare i rinvii e i cambiamenti nella composizione del collegio giudicante.

La chiusura del procedimento era prevista entro dicembre 2025, ma ora le recenti scarcerazioni potrebbero influire sul calendario e sulle strategie processuali. Il rilascio di molti imputati chiave compromette la possibilità di un dibattimento serrato e aumenta le complessità nella gestione degli accertamenti.

Difficoltà nel coordinamento delle prove

Tra gli ostacoli, si conteggiano anche le difficoltà di coordinare la quantità elevata di prove e testimoni, oltre all’ampiezza del materiale investigativo. Il prolungarsi della fase cautelare ha montato tensioni e incertezze su tempi e modi di giungere a una decisione definitiva.

Indagine e patrimonio sequestrato: l’eco del maxi blitz del 2022

L’inchiesta sulla famiglia moccia risale ad aprile 2022 e ha coinvolto più di cinquanta arresti eseguiti da carabinieri e guardia di finanza. L’attività investigativa ha messo a luce la struttura interna del clan, articolata in più livelli e guidata dai fratelli Angelo, Antonio e Luigi Moccia, con la collaborazione del cognato Filippo Iazzetta.

Tra le fonti di guadagno del gruppo si segnalano il riciclo di oli esausti alimentari, scarti di macellazione e, soprattutto, gli appalti ferroviari relativi all’alta velocità. Queste attività hanno determinato un patrimonio considerevole, stimato in circa 150 milioni di euro, che comprende immobili, quote societarie e conti bancari.

Il sequestro di tali beni rappresenta uno dei passaggi cruciali nell’inchiesta. Ha permesso di bloccare risorse economiche destinate a sostenere la rete criminale e di frustrarne la capacità operativa. Tuttavia, il prolungarsi del processo rischia di indebolire l’effetto deterrente di queste operazioni.

Reazioni istituzionali e possibili sviluppi giudiziari

La complessità del caso moccia ha spinto la presidente della corte d’appello di Napoli, Maria Rosaria Covelli, a promuovere accertamenti mirati per comprendere le ragioni dei ritardi nel procedimento. La dirigente ha chiesto una relazione dettagliata al presidente del tribunale, Gian Piero Scoppa, per esaminare i passaggi che hanno allungato i tempi.

Il ministero della giustizia potrebbe intervenire direttamente nel caso, dato il risalto e la delicatezza della vicenda. Parallelamente, la procura di Napoli sta valutando la possibilità di presentare ricorso al tribunale del riesame o alla corte di cassazione per contrastare le scarcerazioni.

Il maxiprocesso moccia rischia di essere considerato un esempio emblematico delle difficoltà che la giustizia italiana incontra. Tra interpretazioni divergenti dei termini cautelari e processi dalla durata prolungata, il sistema giudiziario affronta una sfida complessa nel garantire tempi certi e sicurezza.

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