Il 24 luglio 2025 sono state rinvenute ossa umane all’interno di un padiglione dismesso dell’ospedale San Camillo a Roma. Il ritrovamento ha subito attirato l’attenzione dei media e degli investigatori, aprendo nuovi interrogativi sulla possibile identità dei resti e sulle circostanze del ritrovamento. La zona è stata posta sotto sequestro e la procura di Roma ha avviato le indagini per chiarire l’origine e la datazione delle ossa, valutando diversi scenari, tra cui un collegamento con la scomparsa di Emanuela Orlandi, caso irrisolto da decenni.
Il ritrovamento delle ossa all’ospedale san camillo
L’evento è avvenuto di mattina presto durante alcuni lavori di ristrutturazione all’interno del padiglione Monaldi, una struttura dismessa facente parte dell’ospedale San Camillo, situato nella Circonvallazione Gianicolense. Un operaio impegnato nei lavori ha notato, tra i rifiuti depositati all’interno del vano di un ascensore al piano terra, alcuni frammenti ossei che gli sono sembrati sospetti. Dopo la segnalazione, sono intervenuti rapidamente i carabinieri della stazione Monteverde insieme al nucleo investigativo di via in Selci.
Interventi e primi accertamenti
L’area del ritrovamento è stata subito isolata e transennata per impedire contaminazioni. Sul posto è arrivato anche il medico legale incaricato di eseguire i primi accertamenti. Le ossa sono state identificate come umane. Ora gli esperti di antropologia forense stanno svolgendo esami approfonditi per stabilire più dati possibili: età, sesso, statura, eventuali cause del decesso. Questi dati saranno fondamentali per avanzare ipotesi sulla provenienza e l’identità dei resti.
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La speculazione sul legame con la scomparsa di emanuela orlandi
Subito dopo il ritrovamento, alcune testate hanno collegato le ossa alla scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta nel giugno 1983 a Roma. Questa ipotesi, alimentata in parte dalla stampa e da chi segue da anni la vicenda, si basa più su un desiderio di trovare risposte che su elementi concreti. Non sono emersi dati scientifici o indizi investigativi che confermino questa pista nel breve periodo subito dopo il ritrovamento.
In realtà, l’ospedale San Camillo si trova vicino ad un appartamento ritenuto, secondo una testimonianza risalente agli anni Ottanta, luogo in cui la giovane sarebbe stata trattenuta. La testimone, Sabrina Minardi, legata sentimentalmente a un esponente della Banda della Magliana, affermava di conoscere dettagli sulla detenzione e la morte di Emanuela. Le sue dichiarazioni raccontano di un rapimento ad opera della banda criminale, della detenzione a Torvajanica con la presenza di monsignor Paul Marcinkus, e successivamente di un trasferimento a Monteverde, nei sotterranei di un immobile vicino all’ospedale.
Il racconto di sabrina minardi
Le parole di Sabrina Minardi, deceduta nel marzo 2025 e mai sentita dalla commissione parlamentare d’inchiesta, sono molto discusse. Essa sosteneva che Emanuela fosse stata rapita dalla Banda della Magliana, nascosta prima a Torvajanica, dove sarebbe stata anche con monsignor Marcinkus, e poi trasferita a Monteverde, in un immobile con ampi sotterranei. Minardi descriveva anche un episodio inquietante in cui il prelato si sarebbe intrattenuto con la giovane mentre si udivano urla.
In più, riferiva che la ragazza sarebbe stata infine consegnata a un uomo con abito talare, in via di Monteverde, anche se la credibilità di questa versione solleva dubbi vista la visibilità dell’abbigliamento ecclesiastico in una situazione del genere. La Minardi raccontava inoltre di un altro spostamento verso l’aeroporto di Ciampino, con l’obiettivo di imbarcare Emanuela verso l’estero.
Già in passato, il gip di Roma Giovanni Giorgianni aveva rilevato incongruenze e contraddizioni nelle dichiarazioni di Minardi, riducendo l’attenzione sulle sue affermazioni come fonte affidabile. Il suo racconto entra in conflitto con altri elementi raccolti e la mancanza di riscontri concreti complica ulteriormente la ricostruzione.
Le connessioni tra la banda della magliana e l’ospedale san camillo
Alcuni collaboratori di giustizia hanno riferito che la Banda della Magliana usava i padiglioni dismessi dell’ospedale come deposito di armi o rifugio, ma non sono mai arrivate conferme definitive da parte delle forze dell’ordine o delle inchieste ufficiali. Se confermata, questa consuetudine potrebbe spiegare la presenza delle ossa o altri indizi nell’area.
I padiglioni abbandonati, nel corso degli ultimi decenni, sono stati frequentati anche da persone senza fissa dimora e da soggetti fragili, che cercavano riparo. Questa presenza potrebbe aver influito sul ritrovamento di ossa recenti, come sembra suggerire la prima datazione secondo cui i resti risalirebbero a meno di otto anni fa.
Ipotesi e indagini in corso
Le reazioni della famiglia Orlandi e lo stato dell’indagine
La notizia del ritrovamento ha suscitato attenzione ma anche cautela tra chi segue da tempo il caso Orlandi. Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ha espresso il desiderio che quei resti non siano quelli della sorella. L’avvocata Laura Sgrò, che assiste la famiglia, ha chiarito che ogni supposizione resta priva di fondamento fino a quando non arriveranno i dati della perizia scientifica.
Al momento, per capire se le ossa appartengano a una giovane donna, e soprattutto a Emanuela, è necessario completare le analisi antropologiche e condurre test del dna, se sarà possibile. La procura di Roma continua a seguire la pista dei rilievi forensi per chiarire datazione e origini.
I dati preliminari, inediti per i media, indicano che i resti non risalirebbero a oltre otto anni fa, circostanza che rende più complesso un eventuale collegamento con sparizioni degli anni ’80. Questo conferma la necessità di mantenere un approccio scientifico e prudente sulle ipotesi investigative.