Nel contesto odierno, una crescente insoddisfazione lavorativa emerge tra i dipendenti italiani, con quasi un terzo di loro che affronta sintomi di burn-out. Secondo l’ottavo Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, presentato il 21 febbraio 2025, si stima che il 31,8% dei lavoratori stia vivendo esperienze di esaurimento, estraneità e sentimenti negativi nei confronti del proprio lavoro. Questi dati evidenziano la necessità di un intervento urgente e mirato per migliorare le condizioni lavorative e promuovere il benessere tra i dipendenti.
La diffusione del burn-out tra i lavoratori italiani
L’analisi rivela che il burn-out colpisce in particolar modo i giovani, con il 47,7% di essi che sperimenta forme di esaurimento psicologico. Tra gli adulti, la percentuale scende al 28,2%, mentre tra i lavoratori più maturi la situazione migliora ulteriormente, attestandosi al 23,0%. Le difficoltà associate a questo stato emotivo sono evidenti: ben il 73,0% dei dipendenti ha avvertito stress o ansia legati all’ambiente di lavoro. Inoltre, il 76,8% dei lavoratori trova difficile mantenere un equilibrio sano tra vita professionale e privata, mentre il 75,9% si sente frequentemente sopraffatto dalle pressioni quotidiane.
Le ricerche approfondite mostrano che circa il 67,3% dei lavoratori prova una certa frustrazione per la mancanza di supporto da parte dei datori di lavoro, mentre il 68,5% percepisce un’atmosfera lavorativa poco salutare. Anche il problema della concentrazione è rilevante, con il 65,0% che confessa di avere difficoltà a concentrarsi sul lavoro a causa dello stress. La situazione è così critica che il 36,7% dei dipendenti ha cercato aiuto professionale come psicologi o counseling per affrontare il disagio legato alla propria professione.
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Le nuove aspettative dei lavoratori
Le aziende italiane si trovano ad affrontare una sfida crescente nella gestione del personale, con lavoratori che non si accontentano più di condizioni lavorative standard. Quando si parla di attirare e mantenere dipendenti, le aspettative riguardano non solo gli aspetti economici, ma anche il benessere complessivo. Le aziende devono quindi diventare consapevoli di questi bisogni e strutturare un ambiente che promuova la salute, la sicurezza e l’equilibrio psicologico. Come osserva Giorgio De Rita, segretario generale del Censis, “attrarre e trattenere lavoratori significa confrontarsi con le loro aspettative nuove e inedite”. La capacità di ascoltare e rispondere a queste richieste sarà fondamentale per le aziende che desiderano mantenere una forza lavoro motivata e produttiva.
La priorità del benessere lavorativo
I dati del rapporto rivelano che un notevole 83,4% dei dipendenti italiani considera cruciale che il proprio lavoro contribuisca al benessere fisico e psicologico. La priorità per il benessere è condivisa da diverse categorie professionali: il 76,8% dei dirigenti, l’86,1% degli impiegati e il 79,5% degli operai esprimono l’esigenza di un lavoro che supporti le loro necessità . Divisi per fasce d’età , il 75% dei giovani tra i 18 e i 34 anni, l’85,7% dei lavoratori tra i 35 e i 54 anni e un impressionante 88,4% tra coloro che hanno superato i 55 anni ritengono prioritaria la dimensione del benessere nel contesto lavorativo.
La sindrome da corridoio e i suoi effetti
Il fenomeno definito “sindrome da corridoio” colpisce circa tre milioni di lavoratori in Italia. Questa condizione rappresenta un’intersezione di ansie e disagi che si trasferiscono tra il lavoro e la vita privata, compromettendo la qualità della vita e contribuendo al deterioramento della salute mentale. Il 25,7% dei dipendenti riporta che porta con sé problemi domestici nei contesti lavorativi, influenzando negativamente la loro prestazione. Allo stesso tempo, il 36,1% porta le preoccupazioni lavorative nelle proprie case, generando conflitti con familiari e amici.
Le statistiche evidenziano che i più giovani sono i più colpiti dalla fusione di problemi lavorativi e personali, con il 41,0% che ammette di portare difficoltà lavorative a casa. Nel contesto opposto, il 22,7% dei giovani riporta di aver portato ansie domestiche sul luogo di lavoro, contribuendo a un ambiente di lavoro meno sereno e produttivo.
La situazione richiede un’analisi profonda delle dinamiche lavorative, per capire come le organizzazioni possano intervenire per migliorare il benessere dei dipendenti, limitando il rischio di burn-out e la sindrome da corridoio, favorendo così una cultura aziendale più sana e supportiva.