Le recenti modifiche proposte nel disegno di legge di riforma della Corte dei Conti hanno suscitato un acceso dibattito in provincia di Trento. L’emendamento che mira a ridurre le sedi territoriali della Corte da 21 a 6 ha generato una forte reazione da parte delle organizzazioni sindacali. Le segreterie provinciali della Cisl Funzione Pubblica e della Federazione dei Lavoratori Pubblici esprimono preoccupazione per le ripercussioni che questa riforma potrebbe avere sulle istituzioni e sui dipendenti coinvolti.
Timori per il trasferimento degli uffici
Un aspetto centrale della questione riguarda il destino degli uffici di Trento e Bolzano, dove attualmente operano circa 70 dipendenti. Di questi, 35 si trovano in Trentino, a cui si aggiungono sei nuovi ingressi previsti dopo un recente concorso. Secondo le sigle sindacali, i dipendenti sarebbero costretti a trasferirsi a Venezia, generando un disagio significativo che è stato definito “inaccettabile”. Giuseppe Pallanch e Giuseppe Vetrone sottolineano come questo cambiamento possa danneggiare sia le istituzioni che i lavoratori.
Il passaggio a una sede così lontana rappresenterebbe una lesione non solo delle condizioni lavorative dei dipendenti ma anche delle operatività degli uffici stessi, che garantiscono servizi fondamentali sul territorio. In tal senso, i leader sindacali ritengono che la proposta normativa sia priva di sensibilità e attenzione per le specificità locali.
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Il rischio di compromettere l’autonomia provinciale
Un altro elemento fondamentale della riforma è l’impatto sulla dignità e sull’autonomia delle istituzioni provinciali. Le segreterie sindacali evidenziano che le competenze assegnate alla Corte dei Conti non possono essere trasferite a sedi centralizzate senza compromettere le prerogative di autonomia stabilite dalla Costituzione e dalle norme d’attuazione regionali.
Pallanch e Vetrone fanno riferimento a diritti che non possono essere trascurati, sottolineando che la proposta di riforma non solo mette in discussione i principi autonomistici ma rischia, anche, di compromettere il controllo sulla gestione del denaro pubblico. Essi avvertono che una mancanza di un giudice contabile a livello locale potrebbe seriamente ostacolare la gestione dei conti pubblici e rendere più difficile la lotta contro cattive pratiche gestionali.
La reazione dei sindacati e l’appello alla politica
Di fronte a questa situazione, i sindacati fanno appello all’intervento della politica, esprimendo chiaramente che non intendono accettare senza ribellarsi una proposta che, a loro avviso, non tiene conto delle esigenze del territorio. Richiedono che il governo prenda una posizione netta riguardo alla salvaguardia delle sedi provinciali e delle specifiche esigenze di servizio.
Nella nota congiunta, i rappresentanti sindacali affermano che è inaccettabile che le misure di contenimento della spesa pubblica gravino sui servizi pubblici e sui lavoratori. È necessario, secondo loro, trovare soluzioni che non compromettano la qualità dei servizi offerti e garantiscano equità per i dipendenti.
La questione delle sedi della Corte dei Conti, quindi, non è solo una questione amministrativa, ma si lega profondamente alle istanze di autonomia e ai principi di rappresentanza locale, che possono essere messi a rischio da una riforma così radicale.