Il dolore per la perdita di giovani vite in incidenti stradali non si spegne mai, e oggi, a Nuoro, la madre di due ragazzi scomparsi in un tragico incidente ha preso la parola in un’aula di tribunale. Annarita Doneddu, madre dei due fratelli Francesco e Matteo Pintor, è presente per testimoniare la sua lotta contro l’Anas, colpevole, secondo la sua visione, di non aver garantito le necessarie misure di sicurezza. Il sinistro, avvenuto il giorno di Natale del 2017 sulla statale 129 Nuoro-Macomer, ha coinvolto la vettura guidata da Alessandro Satta, cugino delle vittime, e ha lasciato un segno indelebile nelle famiglie coinvolte, dando vita a un movimento che chiede giustizia e maggiore sicurezza stradale.
Il processo contro l’Anas e le richieste di giustizia
La questione al centro del processo civile, iniziato da Alessandro Satta, è la responsabilità dell’Anas per le condizioni del guard-rail che, nella versione della madre delle vittime, non è mai stato messo in sicurezza. Oggi, insieme all’associazione #Adesso Basta, fondata da Giovanni Pintor, fratello dei ragazzi, i familiari hanno richiesto formalmente di partecipare al processo per rivendicare la loro verità . La giudice Francesca Lecis si è riservata di decidere sull’intervento adesivo, che permetterebbe di estendere il dibattito sulle responsabilità e sulla necessità di migliorare la sicurezza delle strade, per sperare di evitare altre tragedie simili.
Doneddu ha espresso il suo rifiuto per il mantenimento delle condizioni del guard-rail come prima dell’incidente. La sua perplessità si concentra sulla mancata attenzione verso una curva identificata come potenzialmente pericolosa. Questo nodo, centrale nel processo, mette in evidenza non solo la ricerca di risarcimento, ma anche l’esigenza di interventi concreti per garantire la sicurezza dell’infrastruttura stradale.
Un’azione legale che si fa portavoce della sicurezza stradale
La battaglia intrapresa da Doneddu e dalle associazioni coinvolte va oltre la semplice ricerca di giustizia per la perdita dei figli. Secondo gli avvocati Luigi Pisanu e Michele Mazzette, è una questione di civiltà . In virtù del principio di neminem laedere, che impone di non arrecare danno al prossimo, si cerca di ottenere dal giudice una condanna che imponga all’amministrazione pubblica di adottare misure preventive. I legali hanno sottolineato l’importanza di affrontare il tema della sicurezza stradale in maniera diretta e con riferimenti normativi chiari che stabiliscano come devono essere strutturati i guard-rail.
L’azione legale si concentra anche sull’applicazione delle normative europee esistenti, volte a garantire infrastrutture sicure. Si fa riferimento alla necessità di rimettere in discussione l’idoneità dei terminali del guard-rail, evidenziando che, sebbene vi siano regolamenti attuali, sul territorio non sempre vengono applicati correttamente. Si invita il tribunale a considerare la possibilità di nominare un consulente tecnico d’ufficio, chiarendo l’importanza di una relazione dettagliata riguardo alla conformità di quel specifico punto della strada, in modo da fare chiarezza su eventuali responsabilità .
La prossima udienza e le aspettative delle famiglie
La prossima udienza rappresenterà un momento cruciale per il processo. La decisione della giudice sulla nomina di un consulente tecnico potrà rivelarsi fondamentale per determinare l’esito del contenzioso, con l’intento di stabilire se le norme di sicurezza siano state violate. Le famiglie e gli avvocati attendono la possibilità di formulare specifiche domande riguardo al varco e al terminale del guard-rail, per ottenere risposte certe sulle condizioni al momento dell’incidente.
La battaglia intrapresa dalla madre Doneddu e dall’associazione #Adesso Basta si configura non solo come un tentativo di ottenere giustizia per i propri cari, ma anche come una chiamata all’azione per le istituzioni. Con l’obiettivo di evitare che una tragedia simile colpisca altre famiglie, le famiglie delle vittime chiedono l’adozione di misure concrete per migliorare la sicurezza stradale e garantire che nessuna altra vita venga spezzata a causa di infrastrutture inadeguate. La loro lotta, quindi, non è solo per il passato, ma si proietta nel futuro affinché eventi del genere possano essere prevenuti e si ponga fine a un ciclo di dolore e incertezze che colpisce troppe vite.