Un evento culturale ha coinvolto le detenute della sezione femminile della Casa Circondariale di Latina. Donata Carelli, con il suo romanzo d’esordio Io madre mai, ha animato un incontro ricco di partecipazione ed emozioni. L’iniziativa, organizzata dall’Associazione di Promozione Sociale Cocci e Coriandoli e dal Laboratorio d’Arte Solidale, ha offerto alle donne reclusa l’opportunità di confrontarsi su temi cruciali per la loro vita e identità, nel contesto del progetto Divari del Cpia 9 Latina.
L’evento nella casa circondariale di latina e le sue finalità
L’incontro con Donata Carelli è avvenuto recentemente all’interno della sezione femminile della Casa Circondariale di Latina, un luogo dove il carcere si fa spazio per la cultura e il dialogo. L’evento si colloca tra le attività promosse per favorire momenti di riflessione e crescita personale tra le detenute. L’Associazione Cocci e Coriandoli e il Laboratorio d’Arte Solidale hanno curato struttura e svolgimento, con il sostegno della Direzione dell’Istituto e dell’Area Pedagogico-Educativa.
Attraverso una presentazione vivace e segnata da letture sceniche, l’autrice ha dato voce ad un racconto intenso e personale, invitando le presenti a discutere di maternità, libertà e identità femminile. Le detenute, che già avevano letto il romanzo grazie ad una donazione, hanno potuto approfondire i temi proposti e condividere impressioni e domande. L’atmosfera, carica di attenzione e partecipazione, ha favorito uno scambio non scontato in un contesto così particolare.
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Un gesto significativo ha segnato la chiusura dell’incontro: le detenute hanno regalato a Donata Carelli una borsa artigianale creata all’interno del Laboratorio d’Arte Solidale. Questa riportava l’immagine della copertina del libro, un simbolo di riconoscimento e gratitudine verso l’autrice e il messaggio offerto.
Il romanzo io madre mai e il suo messaggio sulla maternità e l’identità femminile
Io madre mai rappresenta il primo libro scritto da Donata Carelli e si configura come un racconto autobiografico che tratta con delicatezza ma fermezza il tema della identità femminile. L’autrice affronta la questione, ancora oggi attuale, dei ruoli imposti alla donna dalla società. La scelta di non diventare madre, molto personale e spesso giudicata, viene spiegata con chiarezza e passione.
Nel romanzo, Donata Carelli racconta la sua esperienza nata in un piccolo centro come Sabaudia, negli anni ‘70. Crescere in un ambiente che chiede a una donna di seguire modelli precostituiti ha rappresentato per l’autrice un ostacolo da superare. La sua storia, segnata dal desiderio di libertà e dalla difficoltà di accettarsi, diventa un modo per parlare a chi affronta dubbi analoghi, offrendo una prospettiva diversa sulla felicità.
L’opera si inserisce nel dibattito sui diritti delle donne e sulla libertà di scelta individuale. Carelli evidenzia l’importanza di poter vivere la propria esistenza senza conformarsi ad aspettative sociali rigide, dando rilievo a una maternità scelta e non subita.
I protagonisti dell’incontro e il contesto culturale tra latina e il promontorio del circeo
All’incontro nella Casa circondariale di Latina è stato presente anche il Laboratorio d’Arte Solidale, con l’artista Giuliana Bocconcello, che da anni accompagna iniziative culturali come questa. La partecipazione di Maria Corsetti, rappresentante del Cpia 9 Latina, ha rappresentato il legame istituzionale con il progetto educativo Divari.
Donata Carelli, docente di lettere e giornalista, oltre che autrice teatrale e cinematografica, vive e lavora proprio a Sabaudia, ai piedi del promontorio del Circeo. Questa terra, ricca di storia e miti, influenza il suo racconto e il modo in cui narra storie di donne forti, resilienti e attente al proprio destino.
Il contesto geografico e culturale si riflette nella narrazione di Carelli, che intreccia passato e presente, realtà e immaginazione. Latina diventa così uno dei luoghi dove la letteratura può aprire dialoghi profondi e contribuire a definire nuove sfumature dell’identità femminile, anche in contesti difficili come quello del carcere.
Queste esperienze confermano come l’arte e la cultura possano penetrare ogni ambiente, offrendo strumenti di riflessione e momenti di confronto, fondamentali per chi vive situazioni complesse e necessita di spazi di ascolto e crescita.