Un’importante decisione della Corte di Appello di Genova ha riportato l’attenzione su un caso di violenza avvenuto durante una manifestazione nel maggio 2019. Quattro poliziotti del reparto mobile sono stati condannati a un anno di reclusione per lesioni volontarie aggravate nei confronti di Stefano Origone, giornalista di Repubblica. L’incidente si era verificato in piazza Corvetto, durante uno scontro tra manifestanti antifascisti e le forze dell’ordine durante un comizio di Casapound.
I fatti dell’incidente e la condanna
Il 23 maggio 2019, la piazza di Corvetto a Genova è stata teatro di tensioni tra manifestanti e polizia. Durante questi eventi, Stefano Origone stava effettuando il suo lavoro di reporter quando è stato aggredito dai membri delle forze dell’ordine. La Corte ha ritenuto che i poliziotti abbiano esagerato nell’uso della forza, infliggendo colpi al giornalista con manganelli e calci, un’attribuzione che ha portato alla loro condanna per lesioni volontarie aggravate.
Nella decisione presa dai giudici, è stata disposta anche la sospensione condizionale della pena, il che significa che i condannati non dovranno scontare la pena in carcere, salvo ulteriori violazioni. Questa sentenza arriva dopo un processo d’appello bis che ha annullato la decisione precedente, la quale prevedeva una pena pecuniaria di 2.582 euro per ciascun poliziotto, considerata non adeguata rispetto alla gravità delle lesioni inflitte a Origone.
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Il ricorso in Cassazione e le prossime azioni legali
Dopo la sentenza, gli agenti condannati, assistiti dai loro avvocati, hanno già anticipato la volontà di presentare un nuovo ricorso in Cassazione. Questo segna un ulteriore capitolo in una vicenda che ha sollevato interrogativi su come venga gestita la violenza delle forze dell’ordine durante le manifestazioni. Gli avvocati dei poliziotti stanno preparando la strategia legale volta a rivedere la decisione della Corte d’Appello, puntando nuovamente sulla legittimità del loro operato durante gli scontri.
Il sostituto procuratore generale Alessandro Bogliolo, nel corso del processo, aveva avanzato richieste di pena che andavano da nove mesi per due agenti fino a un anno e due mesi per gli altri. La decisione finale della Corte di Appello, quindi, rappresenta una questione delicata che riflette più ampi problemi di accountability e sicurezza in contesti di tumulto pubblico.
Le reazioni del giornalista e il dibattito pubblico
Dopo l’emissione della sentenza, Stefano Origone ha commentato dicendo di aver semplicemente svolto il proprio lavoro e di non aver mai aggredito nessuno. Le sue parole mettono in evidenza la tensione esistente tra la libertà di stampa e l’operato delle forze dell’ordine, soprattutto in contesti di proteste e manifestazioni. Il riconoscimento giuridico della violenza subita è visto come un passo fondamentale nel riconoscere i diritti dei giornalisti e la loro funzione sociale.
Questa vicenda continua a stimolare un ampio dibattito su quanto accade nei contesti di ordine pubblico. Da un lato ci sono le necessità delle forze dell’ordine di mantenere la sicurezza; dall’altro, l’importanza di garantire la libertà di espressione e di informazione, elementi essenziali del funzionamento di una democrazia sana. Con le motivazioni della sentenza che saranno rese pubbliche tra 90 giorni, l’attenzione rimane alta su questo caso e sul suo significato più ampio nella società.