L’ultima domenica di luglio ha visto papa francesco tornare a parlare davanti alla piazza san pietro con un messaggio chiaro sul significato profondo della preghiera a dio come padre. Il pontefice ha insistito sull’affidamento totale a dio, una sapienza che supera la nostra comprensione, e sul legame tra la fede e il modo in cui trattiamo chi ci sta vicino. Le sue parole si sono concentrate sull’intimità della preghiera e su una coerenza di vita che parte dall’essere figli e si riflette nel modo di amare gli altri.
Il mistero della preghiera: come dio risponde nel tempo e con saggezza
Affidarsi a dio significa anche accettare che le sue risposte non arrivino sempre secondo i nostri tempi o aspettative. Il papa ha richiamato un passaggio di papa leone, che rassicura chi pensa di essere ignorato nelle proprie suppliche.
Questa situazione nasce da un mistero oltre la capacità umana di comprendere. Dio agisce con una saggezza e una provvidenza che non possiamo ridurre a formule semplici. L’invito è a non smettere di pregare anche quando la risposta tarda, a mantenere fede e fiducia anche nei momenti di dubbio o di crisi. In questo modo la preghiera diventa fonte di una forza e di una luce da cui attingere in ogni circostanza.
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Il rapporto con dio come abba: più che una preghiera, una forma di relazione
Durante l’angelus, papa francesco ha richiamato la parola “abbà”, un termine aramaico che significa “padre” ma porta con sé un senso di tenerezza, amicizia e intimità. Questa parola è centrale nel cristianesimo perché usa i discepoli per rivolgersi a dio, come insegnato da gesù nel padre nostro.
Il papa ha ricordato come chiamare dio “abbà” non sia solo una formula liturgica, ma un modo di vivere la fede che coinvolge cuore e mente insieme. Questa preghiera molto semplice e conosciuta è un invito a superare distanze affettive, paure e chiusure interiori. Il pontefice ha invitato a riflettere sul fatto che questa relazione con dio dovrebbe anche portare a un affratellamento vero fra le persone. Non basta pregare dio come padre se poi si resta duri o indifferenti verso chi ci sta accanto.
La paternità di dio secondo il catechismo: un amore che non si ritrae
Il catechismo della chiesa cattolica definisce la paternità di dio come un amore largo e incondizionato. papa francesco ha citato proprio questo per mostrare come riconoscersi figli amati rafforzi la fede e dia coraggio. Dio non chiude mai la porta a chi lo cerca, neppure quando arriva in ritardo dopo errori o passi falsi.
Il pontefice ha immaginato questa accoglienza come quella di un padre che si preoccupa persino di svegliare i figli pigri che dormono in casa, richiamando il vangelo di luca 11,7. Ogni gesto di amore di dio diventa allora comunicazione diretta a tutta la comunità cristiana, che si fa famiglia. Anche chi si sente lontano può trovare in dio un ascolto paziente e una presenza costante.
Amare come dio ci ama: la chiamata alla coerenza nelle relazioni umane
Papa francesco ha fatto riferimento ai padri della chiesa, in particolare a san cipriano da cartagine e san giovanni crisostomo, per ribadire che sentirsi figli di dio impone un cambiamento nel modo in cui ci rapportiamo agli altri.
Amare come dio ci ama significa dare e ricevere senza fare calcoli, con premura reciproca e discrezione. Il papa ha ricordato che pregare dio come padre non può convivere con un atteggiamento di durezza o insensibilità verso il prossimo. La bontà, la pazienza e la misericordia di dio devono diventare modelli da riflettere nella vita quotidiana, come uno specchio che restituisce la sua immagine.
Questo insegnamento richiama a lasciarsi trasformare da un amore gratuito che rompe vecchie abitudini egoistiche. Solo così la preghiera si traduce davvero in un modo di essere e di agire che riconosce ciascun individuo come fratello e sorella.
L’appello del pontefice ha dunque puntato alla responsabilità personale di vivere la fede con coerenza, in modo che la parola padre esprima una relazione vera e prodiga, che si manifesta nel modo in cui trattiamo chi incontriamo ogni giorno.