La tragica vicenda di chiara poggi, uccisa a garlasco diciotto anni fa, torna sotto i riflettori con nuove indagini che mirano a chiarire i dubbi rimasti. Giuseppe Poggi, padre della vittima, ha rilasciato un’intervista in cui racconta la sua esperienza accanto a marco stasi, l’indagato più noto, e il percorso della famiglia tra accuse, silenzi e richieste di verità. Le parole di Giuseppe e sua moglie Rita raccontano anche la fatica di confrontarsi con il clamore mediatico e la tensione che grava sui loro cari.
Il rapporto complicato tra la famiglia poggi e marco stasi prima dell’arresto
Giuseppe Poggi ricorda i mesi precedenti l’arresto di marco stasi come momenti di strani silenzi e attese. Spiega che spesso si recavano insieme al cimitero, ma quell’uomo non pronunciava mai una parola di difesa o di accusa. «Mi aspettavo che dicesse: mi stanno indagando ma non ho ucciso Chiara», ha raccontato, «ma non lo faceva mai. Era strano, quasi come se evitasse di affrontare la realtà». Questo particolare fa emergere un quadro complesso del rapporto tra loro, dove l’assenza di dichiarazioni ha alimentato dubbi e tensioni.
La famiglia Poggi in tutti questi anni non ha mai trattato stasi come un assassino annunciato. L’atteggiamento è stato prudente, aspettando le decisioni della magistratura per dare un giudizio definitivo. La famiglia si è sempre mostrata concentrata sulla ricerca della verità legale, più che sulle speculazioni pubbliche o personali. Questo riserbo ha caratterizzato il loro percorso di dolore e attesa.
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Nuove inchieste e la speranza di una verità definitiva
Con la riapertura delle indagini, Giuseppe Poggi ha espresso il desiderio che questa volta si arrivi a una conclusione definitiva. Chiede che gli accertamenti vengano svolti con rigore e attenzione «così non riaprono più l’indagine tra qualche anno». La priorità della famiglia resta quella di conoscere la verità secondo i fatti accertati e le sentenze della giustizia.
Durante l’intervista, emerge una chiara distanza dalla volontà di alimentare teorie alternative o contestazioni inutili. L’intenzione è fare luce senza alimentare nuove polemiche o ricostruzioni fantasiose. I genitori di Chiara hanno anche spiegato perché sono tornati a parlare in tv, sottolineando di farlo solo per «difendersi» e per «smentire le bugie», come quella sulle foto scattate in montagna che hanno dovuto fornire per dimostrare che Marco Stasi era davvero con loro in quel giorno specifico. Questo episodio mostra le difficoltà vissute nel gestire accuse e fraintendimenti in un contesto mediatico spesso tormentato.
Il peso del clamore mediatico e le richieste di rispetto dalla famiglia poggi
Rita Poggi ha voluto chiarire alcune inesattezze circolate sui media riguardo ai fatti e alle presenze accompagnando la sua spiegazione con esempi precisi. Ha citato ad esempio un albergatore che avrebbe sostenuto che Marco Stasi non era mai stato con loro, ma che in realtà aveva affittato alla famiglia la stessa stanza per dieci anni consecutivi. Inoltre, ha ricordato una testimonianza riferita a un programma televisivo, in cui qualcuno sosteneva l’assenza di Rita al momento della telefonata dei carabinieri. Ma quella testimonianza non corrispondeva alla realtà: Rita, infatti, si trovava a San Vigilio di Marebbe e non in piscina come detto.
Lo stress portato dal continuo clamore ha spinto la famiglia a chiedere una tregua, un momento di silenzio per poter elaborare il lutto e la pressione delle nuove indagini. Rita ha spiegato come dall’inizio di marzo si siano trovati in una situazione più pesante di quella vissuta diciotto anni fa a causa di ricostruzioni e novità continue. Questo appello al rispetto è un segnale della fatica che chi vive certe tragedie si porta dentro, di tanto in tanto amplificata dall’attenzione pubblica.
Controversie tra innocentisti e accuse contro la famiglia poggi
L’intervista di Giuseppe Poggi si chiude con una forte critica verso alcuni sostenitori dell’innocenza di marco stasi. Secondo lui il problema non è difendere lo stesso stasi, quanto farlo utilizzando mezzi scorretti che colpiscono terze persone, tra cui suo figlio. Denuncia come certe difese abbiano coinvolto la sua famiglia in accuse pubbliche, distruggendo vite e reputazioni senza prove solide.
Poggi ha sottolineato che difendere una persona non dovrebbe avvenire sacrificando altre famiglie o accusando a sproposito. «Assolvi lui e condanni altri cinque?» ha detto, riferendosi a chi tira dentro altri individui in modo da oscurare la ricerca di verità. Queste parole fanno emergere una tensione profonda, che travalica i confini del diritto per entrare nella sfera personale, dei rapporti sociali e del dolore condiviso.
L’intera vicenda continua dunque a vivere momenti di grande coinvolgimento emotivo e rilanci mediatici, con la famiglia Poggi che mantiene un atteggiamento fermo verso la legge e la ricerca di fatti certi. L’attenzione resta alta in attesa degli sviluppi di quelle indagini che promettono di smuovere ancora una volta la fragile quiete di una storia che, a distanza di quasi due decenni, non ha ancora dato tutte le sue risposte.