L’episodio risale alla notte tra l’1 e il 2 novembre 2022 nel centro storico di Genova. Evaristo Scalco, maestro d’ascia, ha provocato la morte di Javier Alfredo Miranda Romero tramite un colpo di freccia. La Cassazione ha confermato l’omicidio volontario e rinviato la questione della pena alla corte d’appello di Milano, dopo le sentenze di condanna in primo e secondo grado.
La dinamica dell’evento e il contesto della lite
La vittima, Javier Alfredo Miranda Romero, uscì per festeggiare con un amico la nascita del figlio. Mentre si trovavano in un vicolo sotto la finestra di Scalco, l’artigiano si affacciò e li rimproverò duramente, accusandoli di fare rumore e di aver urinato contro un muro. Scalco pronunciò parole offensive rivolte agli immigrati. A quel punto uno dei due amici rispose con un gesto offensivo.
Il gesto fatale
Scalco, che aveva un arco in casa, montò la punta più letale disponibile e scoccò la freccia colpendo Romero. L’uomo scese in strada tentando di estrarre il dardo. Non chiamò i soccorsi e non aiutò la vittima, come ricordato dalla pm Arianna Ciavattini durante il processo. Al contrario molte persone presenti cercarono di prestare aiuto.
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L’intervento medico e l’evoluzione delle condizioni della vittima
Romero venne portato in ospedale in condizioni critiche. I medici tentarono di salvarlo ma le ferite risultarono troppo gravi. La vittima morì pochi giorni dopo a causa del trauma causato dalla freccia.
L’episodio suscitò clamore viste le modalità e l’arma insolita impiegata. L’assenza di soccorsi immediati da parte di Scalco alimentò la gravità del reato agli occhi del tribunale.
Risposte del sistema giudiziario
Entrambi i gradi di giudizio avevano condannato Scalco a 23 anni di carcere per omicidio volontario. La Cassazione ha confermato questa qualificazione del reato, respingendo la richiesta di derubricazione a omicidio colposo o a un atto di legittima difesa.
La procura e la corte hanno però escluso che il delitto possa essere classificato tra quelli motivati dall’odio razziale, nonostante le frasi offensive pronunciate dall’imputato. Al contrario hanno riconosciuto la presenza di motivi futili alla base della violenza. La Cassazione ha rinviato alla corte d’appello di Milano per una nuova valutazione della pena da infliggere.
Le posizioni delle parti e il ricordo della vittima
Gli avvocati difensori di Scalco, Jacopo Pensa e Federico Papa, hanno continuato a sostenere che “l’intento fosse solo di spaventare, non di uccidere.” Un’ipotesi che non ha trovato conferma nelle sentenze dei tribunali.
In aula Patricia Zena, compagna di Romero, ha ricordato che la vittima aveva visto suo figlio appena due volte prima di morire. Questo dettaglio ha sottolineato l’impatto umano del fatto: “una famiglia segnata per sempre da quel momento tragico.”
L’omicidio con una freccia, in un vicolo di Genova, rimane uno dei casi giudiziari che ha colpito per la sua singolarità e la crudezza della vicenda. La vicenda proseguirà con la definizione definitiva della pena da parte della corte d’appello di Milano.