Milano, Torino e Roma: le sfide urbanistiche tra scandali, interessi privati e piano di rilancio pubblico

Milano, Torino e Roma: le sfide urbanistiche tra scandali, interessi privati e piano di rilancio pubblico

L’inchiesta milanese svela un sistema urbanistico dominato da interessi privati che ha influenzato Milano, Torino e Roma, causando disuguaglianze sociali e degrado dei servizi pubblici senza segnali di cambiamento politico.
Milano2C Torino E Roma3A Le Sfid Milano2C Torino E Roma3A Le Sfid
L’inchiesta sulla gestione urbanistica a Milano, Torino e Roma svela un sistema di interessi privati che ha penalizzato l’interesse pubblico, evidenziando la necessità di una nuova politica trasparente e inclusiva per le città italiane. - Gaeta.it

L’inchiesta della magistratura milanese ha rivelato un intreccio profondo tra politica, affari privati e sviluppo urbano che ha caratterizzato la città negli ultimi trent’anni. Finanziamenti pubblici e scelte politiche hanno alimentato una crescita del mercato immobiliare fuori controllo, con impatti evidenti su scala nazionale. Milano, Torino e Roma si trovano oggi a fare i conti con un modello urbanistico segnato da scelte che, secondo molte voci, hanno messo in secondo piano l’interesse collettivo e i bisogni della popolazione.

Dinamiche urbanistiche a milano dal 1995 a oggi

L’inchiesta della magistratura milanese ha messo a nudo un sistema che ha dominato il mercato immobiliare della città fin dal 1995. Quel periodo ha segnato l’avvio di importanti finanziamenti pubblici, che hanno alimentato un’espansione degli investimenti privati, portando i prezzi delle abitazioni a livelli irraggiungibili per gran parte dei cittadini. Questi investimenti hanno favorito un gruppo ristretto di costruttori, finanza aggressiva e professionisti legati a interessi immobiliari. La città ha visto moltiplicarsi cantieri e grattacieli, mentre molte aree pubbliche sono state alienate o destinate a nuovi progetti edilizi.

Giuseppe sala e il suo ruolo nella politica milanese

Giuseppe Sala, figura centrale della politica milanese dal 2009, è stato coinvolto nelle fasi più delicate di questi processi, prima come general manager del comune nominato dalla sindaca Moratti, poi come responsabile di Expo 2015 e infine come sindaco dal 2016. La sua amministrazione non ha modificato il corso intrapreso: le denunce di cittadini e tecnici, come i comitati popolari o esperti qualificati, sono state in gran parte ignorate. Quando il giornalista Gianni Barbacetto ha allegato prove sul sistema, Sala lo ha querelato per diffamazione, anziché affrontare le questioni aperte.

La magistratura ha parlato chiaro, dicendo che l’interesse pubblico è stato sacrificato a favore di guadagni privati. Mentre Milano si arricchiva di nuove costruzioni per pochi, la qualità della vita e i servizi pubblici sono andati peggiorando. Immobili di valore pubblico sono stati venduti o abbandonati, molti servizi chiusi o tagliati per problemi finanziari. In questo contesto, la tutela dei diritti e delle pari opportunità sancite dalla Costituzione è stata messa da parte, lasciando intere fasce della popolazione in difficoltà.

Il modello milanese e la sua replica a torino

La politica urbanistica che ha dominato Milano si è cercata di esportarla in altre città con progetti simili e figure legate alla stessa esperienza. Torino, in particolare, ha visto nel 2021 l’ingresso dell’ex manager milanese Paolo Mazzoleni come assessore all’urbanistica, nonostante contestazioni legate a precedenti avvisi di garanzia. Ha trovato il sostegno del Pd locale, che ha respinto le richieste di dimissioni avanzate dalle opposizioni, confermando un forte legame con la linea milanese.

Piano urbanistico di torino

Mazzoleni ha da poco avviato l’ultima fase di approvazione del piano urbanistico torinese, presentato come un modello “adattivo”. Dal punto di vista pratico, ciò significa un’apertura a nuove costruzioni e una flessibilità nelle regole che potrebbe favorire investimenti privati analoghi a quelli di Milano, con rischi simili di consumo di suolo e trasformazioni urbanistiche poco controllate.

In città come Torino, dove negli ultimi anni hanno operato amministratori e tecnici con reputazione di rigore, il progetto rischia di entrare in conflitto proprio con le aspettative di trasparenza e tutela dell’interesse pubblico. Se il modello milanese ha mostrato limiti evidenti, la sua adozione a Torino apre scenari altrettanto complessi per tutela sociale e ambiente.

Roma: valorizzazioni private e sfide per le periferie

Nella capitale italiana la situazione presenta alcune peculiarità, ma ricorda molto quanto accaduto nelle altre due città. L’imprenditore Manfredi Catella, già protagonista a Milano, ha mosso passi concreti per acquisire ex immobili pubblici a Roma, come le caserme di via Guido Reni. Ha inoltre realizzato interventi di valorizzazione di immobili di pregio nel centro storico.

Parallelamente l’architetto Stefano Boeri è stato incaricato dall’amministrazione del sindaco Gualtieri di ripensare gli spazi periferici romani. Il suo ruolo è visto con attenzione, considerato il suo passato legato a progetti in chiave fortemente privatistica a Milano. Boeri ha indicato la necessità di costruire nuovi grattacieli nelle periferie, una soluzione che richiama le prese di posizione milanesi e lascia aperti interrogativi su come si affronteranno i problemi strutturali di servizi e spazi pubblici nella capitale.

Il Pd romano ha mantenuto un profilo molto riservato su queste scelte, mentre le opposizioni critiche sono rimaste inascoltate. Il silenzio della politica favorisce così un modello che pare seguire l’andamento tracciato a Milano senza un cambiamento sostanziale.

Stato attuale e le richieste per una nuova urbanistica pubblica

L’inchiesta e i fatti dei tre poli urbani rappresentano una sfida per le istituzioni e per chi si occupa di città. Il nome dato alla collaborazione tra Milano, Roma e Torino, Ro-Mi-To, evidenzia come il problema sia condiviso e strutturale. La magistratura e le forze dell’ordine hanno messo alle strette i protagonisti del sistema corruttivo, ma dal punto di vista politico e amministrativo non ci sono segnali chiari di un cambio di rotta.

La richiesta principale oggi è di mettere fine a un tipo di urbanistica dominata dagli interessi privati e da regole opache che favoriscono pochi a discapito di molti. Sottolineare la necessità di regole trasparenti e valide per tutti vuol dire puntare a ristabilire equità, accesso alla casa e servizi per le fasce sociali più fragili.

Mentre la politica si limita a posizioni divergenti e a schermaglie strumentali, rimane da vedere se nascerà davvero una stagione diversa per le città italiane. Lo scenario indica che, se non si cambiano le regole, il fallimento del modello milanese sarà destinato a riproporsi anche nelle altre metropoli.

Change privacy settings
×