Microplastiche nel lago d’orta, studio evidenzia 17 tipi di polimeri diversi nelle acque prealpine

Microplastiche nel lago d’orta, studio evidenzia 17 tipi di polimeri diversi nelle acque prealpine

Lo studio di Arpa Piemonte, ENEA e Legambiente rileva microplastiche nel lago d’Orta con 17 tipi di polimeri, evidenziando impatti su ecosistemi acquatici, suoli e potenziali rischi per la salute umana.
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Uno studio di Arpa Piemonte, ENEA e Legambiente ha rilevato la presenza di microplastiche nel lago d’Orta, evidenziando una contaminazione diffusa che può influire negativamente sull’ecosistema e solleva dubbi sugli effetti sulla salute umana. - Gaeta.it

Lo studio condotto da Arpa Piemonte insieme a ENEA e Legambiente ha messo in luce la presenza di microplastiche nel lago d’orta, uno dei grandi laghi prealpini italiani. Le analisi raccolte tra il 2022 e il 2023, lungo la sponda piemontese, mostrano concentrazioni variabili e confermano che anche questo specchio d’acqua è interessato da una contaminazione da particelle di plastica di piccolissime dimensioni. Il risultato arriva in un momento di crescente attenzione sugli ambienti naturali e sulle conseguenze degli inquinanti plastici nell’ecosistema.

Metodi e risultati del monitoraggio nel lago d’orta

Il lago d’orta, situato nell’area del cusio e noto per la sua posizione a ovest dei grandi laghi prealpini, è stato oggetto di una campagna di monitoraggio condotta da Arpa Piemonte tra maggio e ottobre 2022 e poi giugno e ottobre 2023. Durante questi sopralluoghi, sono stati prelevati campioni d’acqua lungo tre transetti sulla sponda piemontese per individuare la tipologia e la quantità di microplastiche presenti. I dati raccolti hanno evidenziato la presenza di 17 tipi differenti di polimeri, segnale che indica una contaminazione complessa e articolata.

La concentrazione media delle microplastiche nei campioni raccolti varia da 0,04 a 1,58 particelle per metro cubo, valori che combaciano con le medie osservate in altri laghi italiani negli ultimi anni. Questi numeri confermano che il fenomeno della microplastica riguarda anche gli ambienti d’acqua dolce, non solo i mari o gli oceani, mostrando un livello di contaminazione diffuso e difficilmente contenibile. Tra i polimeri trovati, il polietilene si è confermato il più comune, passando dal 46% al 91% a seconda del periodo di campionamento. Anche il polipropilene e la poliammide sono stati rilevati con percentuali più basse ma costanti, indicando una varietà significativa nei materiali plastici disgregati.

Impatto sull’ambiente e sulla biologia del lago

Legambiente segnala che la presenza di microplastiche nei laghi non è solo un problema di inquinamento visivo o chimico, ma coinvolge direttamente la biologia degli ecosistemi d’acqua dolce. Alcuni studi recenti hanno messo in guardia sulle ripercussioni delle microplastiche sulla crescita del fitoplancton, elemento base della catena alimentare acquatica. Un rallentamento nella riproduzione di queste alghe microscopiche può influire sui livelli di ossigeno nell’acqua e sulla disponibilità di nutrienti per altri organismi.

Le microplastiche si depositano anche nei suoli circostanti, compromettendone la fertilità e la capacità di trattenere acqua e sostanze nutritive. Ciò può alterare le dinamiche degli habitat naturali e ridurre la produttività agricola nelle aree vicine ai bacini lacustri. Inoltre, la presenza di particelle di plastica nella neve e nel ghiaccio può contribuire allo scioglimento precoce di questi corpi solidi. Questo accade perché le microplastiche diminuiscono l’effetto albedo, ovvero la capacità della superficie bianca di riflettere la luce solare, aumentando così l’assorbimento del calore.

Questioni aperte su effetti tossici per animali e uomo

Il rapporto di Legambiente sottolinea che, nonostante i progressi nello studio delle microplastiche, alcuni aspetti restano ancora poco chiari. Prima di tutto, la potenziale capacità delle microplastiche di trasferire inquinanti chimici, accumulati sulla loro superficie, dagli organismi acquatici verso altre parti del corpo non è del tutto conosciuta. I pesci possono ingerire queste particelle, ma non si sa fino a che punto i contaminanti si spostino dallo stomaco ad altri tessuti, dove potrebbero causare problemi di salute o interferire con funzioni vitali.

Un altro punto riguarda il contatto diretto con l’uomo. La microplastica può accumularsi nel pesce che finisce sulle nostre tavole, oppure entrare in circolo tramite l’inalazione o l’ingestione diretta di frammenti più piccoli. Le conseguenze a lungo termine per la salute umana sono tuttora oggetto di ricerca. Restano quindi aperte molte domande su come queste particelle di plastica influiscano concretamente sia sull’ambiente naturale sia sulle persone che abitano nelle zone intorno ai grandi laghi prealpini.

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