L'orso delle caverne torna a vivere grazie a un progetto di stampa 3d a rovereto

L’orso delle caverne torna a vivere grazie a un progetto di stampa 3d a rovereto

Nel polo meccatronica di Rovereto, Andrea Sartori e ProM Facility hanno creato una replica in stampa 3D del teschio dell’orso delle caverne, rendendo accessibile e inclusiva l’esperienza museale tra Trentino e Brescia.
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Nel polo meccatronica di Rovereto è stato realizzato, tramite scansioni 3D e stampa 3D, un cranio di orso delle caverne per scopi scientifici e didattici, con un’esposizione accessibile e multisensoriale nata dalla collaborazione tra musei trentini e tecnici locali. - Gaeta.it

Nel cuore del polo meccatronica di rovereto, un teschio di orso delle caverne è stato riportato in vita grazie a una replica in stampa 3D. Il progetto nasce dalla tesi di laurea di Andrea Sartori, giovane designer vicentino della scuola d’arte Laba. La collaborazione tra la Fondazione Museo Civico di rovereto e il Museo Archeologico della Valle Sabbia di gavardo ha permesso di ridare forma a un animale preistorico che visse in Trentino decine di migliaia di anni fa. L’obiettivo non è solo la conservazione ma anche rendere l’esperienza accessibile a un pubblico più ampio.

La tecnologia dietro la riproduzione del cranio

Il cuore del lavoro è stato il processo di digitalizzazione del teschio. Come ha spiegato l’ingegnere Gianluca Berti, sono state effettuate due scansioni distinte: una per la superficie esterna e una tomografia, simile a una tac, che ha rilevato la struttura interna. La combinazione di queste due tecniche ha permesso di ricostruire con precisione la morfologia interna ed esterna dell’orso delle caverne.

Questa procedura ha evitato di dover sezionare il reperto originale, che rimane inalterato e conservato nei musei. L’utilizzo della stampa 3D ha poi reso possibile creare una copia esatta in scala reale . La replica permette agli studiosi e ai visitatori di osservare dettagli anatomici altrimenti difficili da esaminare. La precisione delle scansioni fa sì che il cranio stampato sia utile per analisi scientifiche oltre che per fini didattici.

Il progetto testimonia come la tecnologia possa contribuire alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio archeologico, offrendo nuove modalità di fruizione. L’impegno di ProM Facility ha mostrato come territori come il Trentino possono utilizzare le proprie competenze industriali per supportare la cultura.

Accessibilità e interazione per una nuova esperienza museale

Non basta riprodurre un reperto per comunicare con il pubblico. La tesi di Sartori ha puntato molto sull’aspetto inclusivo e sensoriale. L’espositore progettato è dotato di elementi studiati per persone con disabilità fisiche, sensoriali o cognitive. Sono presenti cassetti dotati di infografiche facilmente consultabili da chi usa la carrozzina. Targhe in braille e audioguide scaricabili via smartphone offrono supporto anche ai non vedenti.

In aggiunta, per sollecitare altre forme di percezione, sono stati inseriti campioni tattili e profumatori che richiamano odori associati all’ambiente preistorico. Questo approccio multisensoriale permette di coinvolgere visitatori con vari tipi di bisogni, ampliando la platea potenziale dei fruitori.

L’attenzione alla fruizione non è un dettaglio marginale, ma parte di una riflessione più ampia sulla funzione educativa e sociale dei musei. Gli enti coinvolti contano di usare il modello per espandere la sua applicazione in altri percorsi museali. La volontà è di rendere l’esperienza più accessibile, mantenendo la precisione scientifica e il valore culturale del reperto.

La nascita del progetto e i protagonisti coinvolti

Andrea Sartori, durante il suo percorso di studi, ha voluto approfondire la relazione tra arte, tecnologia e patrimonio culturale. Ha scelto come soggetto di tesi il cranio di un orso delle caverne le cui origini sono collegate al territorio trentino e bresciano. La collaborazione con il Museo Archeologico di gavardo e il Museo Civico di rovereto è stata fondamentale per accedere ai materiali originali. I tecnici di ProM Facility, una struttura di trentino sviluppo specializzata in meccatronica, hanno supportato la parte tecnologica con scanner 3D e strumenti di tomografia.

Lavorando al polo meccatronica di rovereto, Sartori ha potuto scansionare il teschio dell’orso con tecniche avanzate. Oltre alla mera riproduzione, è stato progettato anche un espositore interattivo. Questo consente ad esempio di esplorare le cavità encefaliche e nasali dell’animale senza danneggiare i reperti originali. Il quadro complessivo unisce ricerca storica, artigianato tecnologico e attenzione all’accessibilità museale.

Il valore storico dei reperti e la loro collocazione museale

L’orso delle caverne è vissuto in trentino tra i 20.000 e i 30.000 anni fa, in un’epoca in cui il territorio era molto diverso da oggi. Ne sono stati ritrovati resti in varie zone della regione, con esemplari portati alla luce anche nelle grotte della valle sabbia, provincia di brescia. Uno di questi è il cranio originario da cui è partita la scansione.

Attualmente, un esemplare intero è esposto al Museo Civico di rovereto, mentre altre ossa sono custodite nel Museo Archeologico di gavardo. L’uso della replica stampata nasce dalla collaborazione tra questi due musei, segnando un esempio di coordinamento territoriale. L’obiettivo è valorizzare le collezioni e creare strumenti didattici in grado di permettere un confronto diretto con il passato.

In assenza di strumenti digitali come la stampa 3D, le analisi di questi reperti comporterebbero rischi elevati per i pezzi originali. L’innovazione ha aperto nuove possibilità anche in termini scientifici. Nuovi studi potrebbero sfruttare la replica per osservazioni dettagliate senza compromettere le ossa autentiche.

Il progetto parte così da tracce antiche per offrire un’esperienza contemporanea, in cui tecnologia, storia e inclusione si intrecciano nella città di rovereto.

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