Il caso dell’omicidio avvenuto a Milano continua a scuotere l’opinione pubblica dopo la tragedia che ha coinvolto il 35enne Emanuele de Maria. Secondo le ricostruzioni, l’uomo, prima di lanciarsi dalla terrazza del Duomo, avrebbe usato il cellulare della collega uccisa, intrattenendo due conversazioni telefoniche. La vittima, una donna trovata senza vita in un laghetto del Parco Nord, era collega del de Maria e il loro legame è al centro delle indagini. I dettagli emersi sul clima tra loro e anche sulla morte di un altro collega di lavoro aggiungono nuovi elementi a una vicenda ancora aperta.
Le ultime telefonate prima del suicidio dalla terrazza del duomo
Le indagini hanno rivelato che Emanuele de Maria, prima di compiere l’estremo gesto di gettarsi dalla terrazza del Duomo di Milano, avrebbe fatto due telefonate utilizzando il telefono della collega uccisa. Queste chiamate hanno un’importanza cruciale perché possono chiarire gli ultimi momenti di lucidità dell’uomo e fornire indizi utili alla ricostruzione della vicenda. Alcune fonti riferiscono che durante quelle conversazioni, il 35enne ha confessato di aver commesso un grave errore, rivolgendosi in particolare alla madre con l’ammissione “ho fatto una cavolata”.
La scelta di usare il telefono della vittima può indicare una volontà di comunicare un messaggio preciso o forse un tentativo di depistaggio. Le forze dell’ordine stanno verificando i contenuti e la natura di queste chiamate, oltre a stabilire a chi fossero dirette. La zona del Duomo e la dinamica del volo sono già state osservate da diversi testimoni, ma l’elemento delle telefonate inserisce un nuovo codice nella trama degli eventi.
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Il delitto in parco nord e il collegamento con il collega accoltellato
Le indagini sul delitto di Parco Nord si complicano per via di un secondo episodio violentissimo che coinvolge il soggetto. Emanuele de Maria, scappato dal carcere di Bollate, avrebbe infatti accoltellato un altro collega di lavoro poco prima della morte della donna. Secondo fonti investigative, la vittima dell’accoltellamento aveva avvertito la donna assassinata di una minaccia o pericolo che riguardava proprio de Maria.
Questo particolare fa ipotizzare che il movente possa essere legato a tensioni sul posto di lavoro o più specificamente a dinamiche personali tra i coinvolti. Il 35enne, evaso pochi giorni prima, aveva un profilo già segnato da episodi di violenza che adesso sembrano trovare conferma in questi avvenimenti. Il collegamento tra i due episodi – accoltellamento e omicidio – potrebbe derivare da tentativi del collega ferito di mettere in guardia la vittima o di proteggere terze persone.
Gli investigatori stanno acquisendo testimonianze dai colleghi e valutando i contatti tra tutti gli interessati per chiarire i rapporti conflittuali e le possibili ragioni nascoste dietro la catena di violenze. La fuga dal carcere di Bollate ha complicato il quadro, inserendo elementi di pericolo e urgenza nelle ricerche e negli interventi di sicurezza pubblica.
La fuga dal carcere e la crisi personale di emanuele de maria
Il profilo di Emanuele de Maria definisce una persona in forte crisi, tanto da scappare dal carcere di Bollate in un atto disperato che ha portato alla tragedia. I dettagli della fuga sono ancora al vaglio degli organi di sicurezza, ma si sa che l’uomo era seguito per reati precedenti e che la sua condizione psicologica mostrava segnali di fragilità. Il gesto estremo di gettarsi dal Duomo, uno dei simboli di Milano, sembra un epilogo doloroso di una escalation violenta e personale.
Le dichiarazioni rilasciate durante le chiamate telefoniche, in cui si ammette una “cavolata”, offrono un quadro di pentimento o consapevolezza del peso delle sue azioni. Questo non cancella la gravità dei fatti, ma apre spazi di domanda su cosa abbia potuto spingere una persona a questo punto.
I fatti confermano la necessità di verificare i protocolli di sorveglianza e assistenza nei confronti di persone con problemi psichici o con pregressi criminali rilevanti. Sul piano preventivo, la vicenda di de Maria invita a un controllo più stretto e interventi mirati laddove emergano segnali di disagio o rischio elevato.
Al momento gli accertamenti vanno avanti per stabilire con certezza tutte le responsabilità e chiarire gli elementi ancora incerti nella catena degli eventi che ha portato alla morte della donna e all’accoltellamento del collega. L’attenzione resta alta anche per scongiurare eventuali rischi ulteriori in contesti affini.