Live aid compie 40 anni: quando la musica raccolse 150 milioni di dollari contro la carestia in Etiopia

Live aid compie 40 anni: quando la musica raccolse 150 milioni di dollari contro la carestia in Etiopia

Live Aid, organizzato da Bob Geldof nel 1985, raccolse 150 milioni di dollari per la carestia in Etiopia con concerti a Wembley e JFK Stadium, coinvolgendo star come Queen, Paul McCartney e Led Zeppelin.
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Live Aid, il celebre concerto benefico del 1985 ideato da Bob Geldof, ha raccolto 150 milioni di dollari per la carestia in Etiopia, coinvolgendo star internazionali e segnando una svolta nella musica come strumento di solidarietà globale. - Gaeta.it

Negli anni Ottanta la musica si trasformò in qualcosa di più di semplici canzoni da ascoltare. Live Aid, tenuto il 13 luglio 1985, ha segnato una svolta nella storia della musica e della solidarietà internazionale. L’evento, ideato e promosso da Bob Geldof, ha raccolto 150 milioni di dollari per le vittime della carestia in Etiopia, diventando un fenomeno mediatico globale seguito da oltre 2 miliardi di persone. Questo gesto collettivo, ancora oggi ricordato, ha avuto ripercussioni significative sulla scena musicale e sulla capacità di mobilitare l’opinione pubblica attraverso l’arte. Scopriremo insieme quali furono le sfide tecniche, le performance più celebri e gli aneddoti meno noti di quella straordinaria giornata.

La genesi di live aid e l’impatto sulla carriera di bob geldof

Bob Geldof, leader dei Boomtown Rats, fu il motore dietro Live Aid. La sua idea nacque dall’urgenza di rispondere alla grave carestia in Etiopia, fenomeno che aveva già mosso l’industria musicale con la registrazione del singolo “Do They Know It’s Christmas”. Questo brano, realizzato grazie a una collaborazione tra le più grandi star inglesi, era solo il primo passo. In poco tempo Geldof riuscì a organizzare un concerto globale, contemporaneo a Londra e Philadelphia, che avrebbe coperto le esigenze di raccolta fondi in modo imponente.

Al tempo, i cd erano una novità e la tecnologia disponibile, soprattutto a livello televisivo, limitava l’evento sotto vari aspetti. Per esempio, le telecamere erano pesanti e ingombranti, i satelliti costosi e con orari ristretti. Nonostante queste difficoltà, Live Aid riuscì a trasmettere 16 ore di diretta usando 16 satelliti differenti. Era un’impresa che sembrava impossibile, ma Geldof fu determinato. Dopo l’evento, lui stesso vide la sua carriera musicale affievolirsi. Mentre i Boomtown Rats avevano un seguito importante durante gli anni della new wave, la sua presenza come musicista scemò, lasciando spazio a quella di organizzatore umanitario.

Il riconoscimento per il suo impegno arrivò dopo anni: Geldof fu insignito del titolo di Sir, onorificenza legata soprattutto alle sue attività benefiche più che al percorso artistico. Nonostante tutto, il suo nome rimane indissolubilmente legato a uno degli eventi live più importanti della storia della musica.

Come vennero organizzate le trasmissioni e il coinvolgimento degli artisti

Live Aid si svolse in due stadi: Wembley a Londra e JFK Stadium a Philadelphia. Questa doppia sede permise di coprire un pubblico mondiale e creare un collegamento diretto tra Europa e America. La diretta durò 16 ore, un impegno straordinario per i tempi. L’uso di 16 satelliti fu necessario proprio per superare le limitazioni tecniche e assicurare la trasmissione simultanea degli spettacoli.

Oltre alla presenza di grandi star come Paul McCartney, Bob Dylan, U2, Led Zeppelin, Madonna e molti altri, la scaletta vide anche artisti di generi diversi accomunati da un obiettivo comune: la solidarietà. Non era solo un concerto, ma un messaggio globale diffuso tramite la musica. L’evento fu seguito da 2 miliardi di spettatori, numero impressionante se si pensa che internet non era ancora diffuso e i mezzi di comunicazione erano molto più limitati.

Bob Geldof riuscì a riunire questi nomi con un impegno straordinario. La catena di concerti e singoli a scopo benefico dimostrò che l’arte poteva rispondere a emergenze sociali reali, cambiando il modo in cui il pubblico si rapportava alla musica.

Le performance più memorabili, errori e retroscena sul palco

Tra i momenti più ricordati del Live Aid ci sono le esibizioni dei Queen e di Phil Collins. I Queen suonarono nel pomeriggio a Londra e conquistarono il pubblico con una performance potente e precisa, diventata uno dei simboli dell’evento. Phil Collins, invece, realizzò una maratona: dopo aver suonato a Londra, prese il Concorde – già allora simbolo della tecnica aeronautica avanzata – e volò a Philadelphia, dove partecipò a una sessione con i Led Zeppelin.

Quella serata però non fu priva di problemi. La collaborazione tra Collins e i Led Zeppelin fu complicata e monotona: la prestazione del batterista fu criticata da Jimmy Page a tal punto che non venne concessa l’autorizzazione per l’uso della registrazione su dvd. La critica aperta di Page a Collins sancì un contrasto che dura ancora oggi.

Altro episodio curioso e incontrollato fu quello di Bob Dylan, Ron Wood e Keith Richards. Prima celebrato cantante, Dylan arrivò sul palco con poco allenamento e sotto l’effetto dell’alcol. Il concerto si trasformò in una serie di errori, da corde spezzate a strumenti non accordati, con Richards e Wood più preoccupati di seguire la serata che di esibirsi. Paul McCartney ebbe qualche problema tecnico nei primi minuti di “Let It Be” e rimase senza audio per un po’, una dimenticanza poi risolta durante un’operazione di rimasterizzazione per un’edizione successiva su dvd.

Questi episodi, lontani dalla perfezione tecnica, contribuirono a rendere Live Aid un evento umano e vissuto direttamente. Le stecche, i problemi, le improvvisazioni sono parte della memoria collettiva di quella giornata.

L’eredità culturale di live aid e l’impulso alla solidarietà globale

Live Aid non si fermò alla raccolta fondi. Rappresentò un momento in cui la musica si fuse con l’azione sociale in modo tangibile. Il singolo “Do They Know It’s Christmas” fu il primo grande successo di una serie di iniziative simili, tra cui “We Are The World”, organizzata negli Stati Uniti da Lionel Richie e Quincy Jones con Michael Jackson protagonista assoluto. Questi progetti dimostrarono che le star erano interessate a qualcosa di più dei semplici palchi e dischi: potevano diventare motori per cause importanti.

La capacità di attrarre milioni di persone attorno a una causa scatenò un cambiamento nelle modalità di partecipazione collettiva. Oggi, anche per la generazione Z abituata a consumare musica in playlist digitali, Live Aid resta un punto di riferimento da cui partire per capire come l’arte possa agire oltre il piacere estetico.

Il concerto aprì la strada a eventi successivi che usarono la tecnologia e il carisma degli artisti per azioni di solidarietà e autofinanziamento, ma nessuno raggiunse l’intensità e la portata di quel luglio 1985. La storia di Live Aid è un esempio tangibile della forza della musica nel raccontare problemi reali e nel cercare risposte condivise, ancora oggi inviata a ispirare artisti e organizzatori nel mondo della cultura e del sociale.

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