L’adattamento cinematografico del romanzo “L’isola degli idealisti”, scritto da Giorgio Scerbanenco e diretto da Elisabetta Sgarbi, approda nelle sale dall’8 maggio. Il film, presentato alla Festa di Roma, svela una storia noir ambientata negli anni Sessanta che punta a mostrare il conflitto e l’incontro tra mondi lontani, immersi in atmosfere rarefatte e segnate da un tempo sospeso. Protagonisti sono due giovani ladri e una famiglia borghese che vivono su un’isola, dando vita a una coabitazione singolare, fatta di tensioni e mutamenti.
Un’introspezione psicologica in un’atmosfera sospesa tra nebbie e isolette
L’autrice e regista Elisabetta Sgarbi racconta un testo amato fin dall’infanzia a Ferrara, per la sua capacità di evocare paesaggi interiori e tempi fuori dal tempo. Il romanzo esprime una metafisica legata alle nebbie e ai silenzi, dove le riflessioni dei personaggi prevalgono, con richiami alla narrativa noir di Scerbanenco degli anni Quaranta e Cinquanta. Non è il Scerbanenco più noto quello che emerge, ma quello meno esplorato, più arduo da mettere in scena per via della sua ambientazione e dello stile letterario, che privilegia l’analisi profonda degli stati d’animo.
Come osserva Sgarbi, il luogo chiuso e isolato – l’isola delle Ginestre – diventa un piano perfetto per raccontare il contrasto tra mondi diversi. Qui vivono personaggi quasi fuori dal mondo, immersi nelle loro idee e passioni, mentre all’improvviso irrompono due giovani ladri portando con sé un’energia diversa. Lo scontro tra questi ambienti alimenta una riflessione sul cambiamento, sui rapporti umani e sulle contraddizioni della natura umana.
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La storia ambientata negli anni Sessanta e il patto inaspettato
La vicenda si svolge in una fredda notte di gennaio sull’isola, con protagonisti due ladri sofisticati, Beatrice Navi e Guido Cenere, interpretati da Elena Radonicich e Renato De Simone. Nella grande villa abitata da una famiglia borghese, incontrano Antonio Reffi, ex direttore d’orchestra, e i suoi due figli Carla e Celestino. Carla, scrittrice di successo, e Celestino, ex medico con passioni filosofiche e matematiche, rappresentano due modi diversi di concepire la vita.
Quando i malviventi vengono scoperti, Celestino decide di non chiamare la polizia. Propone invece un accordo sorprendente: i ladri dovranno restare a vivere nella casa e accettare un percorso di educazione e cambiamento. Il presupposto è quello di un’influenza positiva da parte della famiglia borghese, ma ben presto i ruoli si invertiranno. Il rapporto tra questi strani coinquilini evolve in modo imprevedibile, rovesciando le aspettative di chi aveva ipotizzato un percorso di redenzione per i giovani intrusi.
La lingua del testo e l’interpretazione di tommaso ragno
Tommaso Ragno, interprete del personaggio Celestino, ha sottolineato come il testo si distingua per la sua complessità linguistica. La scelta di Scerbanenco di scrivere in italiano, in una prosa letteraria attenta e ricca di sfumature, rende la recitazione particolarmente impegnativa. Ragno, attore sensibile alla lingua, ha apprezzato questa difficoltà, che però apre nuove vie espressive e restituisce una dimensione autentica ai personaggi.
L’interpretazione di Celestino, artefice del patto con i ladri, è centrale per il racconto. Il suo modo di rapportarsi ai due giovani incarna una sfida e al tempo stesso un tentativo di controllo su un episodio che si rivela ben più complesso. Le parole pronunciate da Celestino, «Non ho mai ospitato ladri braccati dalla polizia», sintetizzano la tensione tra ospitalità e sospetto, tra civiltà e marginalità.
Dalla pagina al grande schermo, tra produzione e festival
Il film deriva direttamente dal romanzo che La Nave di Teseo ha pubblicato nel 2018. Elisabetta Sgarbi ha firmato la sceneggiatura insieme a Eugenio Lio. La produzione è di Bibi Film e Betty Wrong, sostenuta da Rai Cinema. Presentato alla Festa di Roma, il film è stato accolto come un’opera dai toni intensi e riflessivi, portando in scena una storia dalla trama raffinata e dai personaggi psicologicamente sfaccettati.
L’ambientazione su un’isola remota e la scelta di mantenere molti elementi letterari nella sceneggiatura contribuiscono a conservare l’atmosfera tradizionale del noir d’autore, risalendo però a un’ambientazione inedita per il genere. L’opera assume così una dimensione che combina un’esplorazione introspettiva con un racconto di cronaca e tensione. Le dinamiche tra i personaggi restano il cuore pulsante del racconto, senza sovrastrutture o abbellimenti.
L’attenzione alla lingua, la profondità psicologica e la fedeltà al territorio narrativo di Scerbanenco fanno di questo film un esempio di come la letteratura possa essere tradotta in immagini mantenendo vigore e coerenza. La vicenda racconta qualcosa di più ampio, concentrandosi sul confronto tra passato e presente, tra diversità sociali e culturali, senza indulgere in facili giudizi.