La presentazione del VI rapporto dell’Osservatorio di 4.Manager ha catalizzato l’attenzione su un tema cruciale per il panorama imprenditoriale italiano: l’intelligenza artificiale. Durante l’evento, svoltosi a Roma in concomitanza con l’apertura dell’anno accademico alla Pontificia Università Antonianum, il presidente di 4.Manager e di Federmanager, Stefano Cuzzilla, ha sollecitato un cambio di rotta significativo per le aziende, sottolineando l’importanza di investire nella formazione e nell’adeguamento delle risorse umane.
Il divario tra grandi e piccole imprese
Secondo Cuzzilla, l’attuale realtà lavorativa presenta un forte divario tra le grandi aziende, già adattatesi all’uso di tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale, e le piccole e medie imprese italiane, che rappresentano il fulcro dell’economia nazionale. Attualmente, 10.000 aziende italiane sono impegnate nell’adozione dell’intelligenza artificiale, ma il presidente ha messo in evidenza che ben il 50% delle aziende non ha ancora iniziato a formare il proprio personale su questa tematica. Questa situazione è preoccupante, poiché molte imprese stanno perdendo opportunità cruciali di innovazione e sviluppo, rendendo difficile la creazione di un tessuto economico omogeneo e competitivo.
La mancanza di formazione e di risorse dedicate all’intelligenza artificiale non solo aumenta il divario tra le diverse dimensioni aziendali, ma rischia di condurre il paese verso una situazione di stagnazione economica. Cuzzilla ha richiamato l’attenzione sulla necessità di aiutare le piccole e medie aziende ad affrontare queste nuove sfide, evitando di creare un paese a due velocità, in cui solo una ristretta parte del tessuto imprenditoriale è in grado di prosperare.
Formazione e reskilling: una priorità nazionale
A suo avviso, formare il capitale umano è fondamentale per garantire che le aziende italiane possano non solo adottare ma anche governare l’intelligenza artificiale in maniera efficace. Cuzzilla ha sottolineato l’importanza del reskilling, che comporta la riqualificazione e la formazione continua dei dipendenti, per adattarsi alle nuove esigenze del mercato del lavoro. Allo stesso tempo, è fondamentale che le aziende lavorino in sinergia con istituzioni e governo per sviluppare politiche efficaci in materia di formazione e innovazione.
Questa necessità di aggiornamento continuo diventa ancora più urgente in un contesto sociale in cui particolari categorie di lavoratori, come gli anziani, spesso si trovano a fronteggiare già delle difficoltà digitali. È pertanto vitale che l’adozione di tecnologie emergenti avvenga in modo inclusivo, senza escludere nessun segmento della popolazione lavorativa. La formazione mirata deve infatti essere un’opportunità per tutti, permettendo ad ogni lavoratore di acquisire le competenze necessarie per non rimanere indietro nel mercato del lavoro.
Un cambio di mentalità per un futuro migliore
Cuzzilla ha messo in evidenza che l’intelligenza artificiale non è solo un cambiamento tecnologico, ma rappresenta una vera e propria evoluzione della managerialità. Questo nuovo approccio dovrebbe passare attraverso una mentalità orientata al cambiamento, in cui ci si aspetta che imprenditori e manager italiani rivestano un ruolo cruciale. È un momento di grande responsabilità, in cui la leadership deve farsi carico dell’innovazione, investendo in progetti che possano portare valore aggiunto alle imprese e al paese.
L’integrazione dell’intelligenza artificiale nel tessuto produttivo italiano deve essere vista come un’opportunità per ripartire e rilanciare l’economia nazionale. La trasformazione digitale, se governata correttamente, può contribuire significativamente alla crescita e all’evoluzione delle imprese italiane, promuovendo un futuro di maggiore prosperità e competitività.