l’appello di don aldo buonaiuto contro l’introduzione del suicidio assistito in italia

l’appello di don aldo buonaiuto contro l’introduzione del suicidio assistito in italia

Don Aldo Buonaiuto, parroco di San Nicolò a Fabriano e responsabile della Comunità Papa Giovanni XXIII, denuncia la deriva eutanasica e invita il Parlamento italiano a tutelare la dignità delle persone fragili contro il suicidio assistito.
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Don Aldo Buonaiuto, parroco e responsabile della Comunità Papa Giovanni XXIII, si oppone al suicidio assistito, sottolineando i rischi morali e sociali di una "deriva eutanasica" e invitando il Parlamento a tutelare la dignità delle persone fragili. - Gaeta.it

L’attenzione sul tema del fine vita riemerge con forza in Italia grazie alla voce decisa di don Aldo Buonaiuto, parroco della chiesa collegiata di San Nicolò a Fabriano, Ancona, e responsabile della Comunità Papa Giovanni XXIII. Attraverso un intervento su Interris.it, don Aldo solleva preoccupazioni sulla possibile introduzione del suicidio assistito, invitando i parlamentari a riflettere con attenzione sulle ripercussioni sociali, morali e umane di questa scelta. Il dibattito si concentra sulle sentenze della Corte costituzionale e sulla loro presunta strumentalizzazione, ma soprattutto sul rischio di perdere il rispetto per la dignità delle persone più fragili.

Don aldo buonaiuto e la sua opposizione alla deriva eutanasica

Don Aldo Buonaiuto si presenta non solo come parroco, ma anche come custode di una realtà fatta di accoglienza e rispetto: la Comunità Papa Giovanni XXIII, dove vengono assistite persone vittime di tratta e con disabilità di varia gravità, inclusi casi di stato vegetativo persistente. Nel suo intervento, sottolinea con forza che dietro alla discussione sul fine vita spesso si celano interessi economici che mirano a ridurre i costi sociali legati alla fragilità umana.

La critica si rivolge a quella che definisce una “deriva eutanasica”, una tendenza a considerare la vita di chi soffre come un peso da alleggerire per la collettività. Don Aldo richiama con fermezza la figura del Servo di Dio don Oreste Benzi, che ha incarnato l’idea di accoglienza e famiglia vera per chi vive situazioni di forte sofferenza fisica e psicologica. Questa testimonianza serve a ribadire che esistono alternative basate sull’amore e sull’assistenza concreta, lontane da logiche di esclusione o abbandono.

Le sentenze della corte costituzionale e la strumentalizzazione del fine vita

Dal punto di vista giuridico, le recenti sentenze della Corte costituzionale hanno sollevato dibattiti e interpretazioni contrastanti. Don Aldo denuncia una strumentalizzazione che rischia di trasformare queste decisioni in un’arma per giustificare l’introduzione del suicidio assistito. L’argomento viene dipinto come una falsa pietà, in cui la presunta volontà di alleviare la sofferenza si mescola a calcoli economici.

In pratica, ci si trova davanti a una pressione sociale che rischia di modificare in modo profondo e poco discusso le regole che tutelano la vita nelle sue fasi più vulnerabili. Don Aldo invita quindi il Parlamento a non lasciarsi influenzare da queste spinte, ma a mantenere fermezza e rispetto per la persona, in particolare per chi vive condizioni di grave fragilità. Il dibattito, ricorda, non può ridursi a una mera questione di diritto formale, perché coinvolge la visione stessa di cosa significhi dignità umana.

Il contesto culturale e la sfida per il parlamento italiano

Il richiamo di don Aldo Buonaiuto si inserisce in un contesto nazionale complesso. In Italia, spesso il confronto su temi etici si interseca con radici culturali profonde, che in alcuni casi vengono messe in secondo piano o ignorate. Don Aldo osserva come già provochi fastidio il fatto che un leader di governo indichi le radici giudaico-cristiane come punto di riferimento per simboli come la bandiera europea.

In questo clima, un appello esplicito a dire “no” al suicidio assistito, soprattutto da parte di esponenti cattolici, può suscitare irritazione o tentativi di marginalizzare questa voce. Eppure è proprio questo il momento in cui diventa cruciale portare al centro del dibattito le ragioni di chi, come la Comunità Papa Giovanni XXIII, opera ogni giorno con donne e uomini in situazioni di grave bisogno, ponendo al primo posto il valore della vita da tutelare senza scorciatoie.

Un anno santo dedicato alla speranza e il paradosso della scelta sul fine vita

Don Aldo Buonaiuto conclude il suo intervento rilanciando il valore della speranza, tema centrale nell’Anno Santo che si sta vivendo. Ricorda che mentre alcuni provano a far avanzare la discussione sul suicidio assistito come un “diritto”, qualcun altro pensa invece a come spegnere la vita, visto come qualcosa di meno degno di tutela.

Lo scontro sulle scelte da compiere riguarda non solo il futuro legislativo, ma anche il modo in cui la società vede e accoglie chi soffre. La Comunità Papa Giovanni XXIII e le esperienze di accoglienza citate indicano strade diverse, basate su empatia e presenza concreta. Il dialogo resta aperto, con richieste chiare verso chi detiene il potere legislativo perché ponga al centro la vita e la fragilità, senza lasciarsi guidare da ragioni che rischiano di ridurre la dignità delle persone più deboli.

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