Jafar panahi torna a cannes con il primo film dopo 14 anni di divieto in iran

Jafar panahi torna a cannes con il primo film dopo 14 anni di divieto in iran

Il regista iraniano Jafar Panahi torna a Cannes con il film Un simple accident dopo anni di divieti e detenzioni, confermando il ruolo del festival come vetrina per il cinema di denuncia dall’Iran.
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Jafar Panahi, regista iraniano noto per la sua opposizione al regime, torna a Cannes con il film "Un simple accident" dopo anni di divieti e detenzioni, riaffermando il ruolo del cinema come strumento di denuncia e libertà d'espressione. - Gaeta.it

Il regista iraniano Jafar Panahi, noto per le sue opere realizzate nonostante le restrizioni imposte dal regime di Teheran, si presenta nuovamente al festival di Cannes con un nuovo film. Dopo un lungo periodo di divieti e detenzioni, Panahi è riuscito a uscire dall’Iran e a portare sul grande schermo la sua ultima creazione, un evento che riaccende l’attenzione sulla sua difficile situazione personale e artistica.

La storia del divieto e delle detenzioni di jafar panahi

Jafar Panahi, 64 anni, è da tempo nel mirino delle autorità iraniane. I suoi primi successi risalgono agli anni ’90, con il film “Il palloncino bianco” che ricevette la camera d’oro a Cannes nel 1995. Negli anni successivi ha ottenuto premi importanti come il Leone d’oro a Venezia nel 2000 con “Il cerchio”. Ma il suo impegno civile e l’appoggio al movimento verde, nato dopo le elezioni presidenziali iraniane di quegli anni, lo hanno portato a subire pesanti restrizioni.

Nel 2010 Panahi vede confiscare il suo passaporto mentre stava per recarsi a Parigi. Sullo sfondo delle proteste contro Mahmud Ahmadinejad, il regista viene accusato di “propaganda contro il sistema”. La condanna prevedeva sei anni in prigione, oltre a un divieto di venti anni di realizzare film. Nonostante questo, ha continuato a girare in segreto, avvalendosi di mezzi modesti e di location spesso domestiche, riuscendo a far circolare le sue opere all’estero, suscitando solidarietà tra i cineasti di tutto il mondo.

I lavori più importanti durante il divieto

Tra i suoi lavori “Taxi Teheran” e “Gli orsi non esistono” confermano il suo talento e la sua determinazione a esprimere una visione critica della realtà iraniana, ottenendo riconoscimenti anche negli ultimi anni, nonostante i molteplici arresti e le pressioni della magistratura locale.

Il nuovo film e il ritorno a cannes

Il film “Un simple accident” segna il primo lavoro ufficiale dopo la rimozione del divieto di uscita dall’Iran, avvenuta nell’aprile 2023. Il regista ha potuto così recarsi in Francia con la moglie, anche per incontrare la figlia. La pellicola verrà presentata al festival di Cannes e sarà distribuita in Italia dalla Lucky Red nella prossima stagione.

Poco si conosce della trama del film, che ruota attorno a un semplice incidente da cui si sviluppano una serie di eventi. Le riprese sono state realizzate senza alcun permesso ufficiale dalle autorità iraniane, proseguendo il metodo di lavoro che Panahi ha adottato negli anni trascorsi sotto divieto. La situazione resta delicata e molti addetti ai lavori suggeriscono prudenza nel trattare la vicenda a causa del contesto politico e della storia personale del regista.

La presenza di altri registi iraniani a cannes

Questo ritorno segna una tappa importante per Panahi, che riafferma la sua presenza internazionale dopo un lungo periodo di isolamento. La sua partecipazione testimonia il legame tra il cinema e la libertà di espressione in paesi con regimi repressivi.

Al festival di Cannes sarà presente anche Saeed Roustaee, regista anch’egli iraniano, con il film “Woman and Child”. La sua selezione è stata annunciata in un secondo momento e rappresenta un altro esempio del cinema iraniano che riesce a emergere malgrado gli ostacoli imposti dal regime.

Il ruolo di cannes nel cinema di denuncia iraniano

Questo contributo sottolinea l’interesse della comunità internazionale per le storie che provengono dall’Iran, soprattutto quelle che parlano di diritti umani, libertà e resistenza civile. Cannes si conferma così una vetrina importante per il cinema di denuncia proveniente da una regione dove esprimersi non è mai facile.

La presenza di autori come Panahi e Roustaee mette in luce tensioni politiche, ma anche la voglia di raccontare attraverso l’arte realtà spesso dimenticate o nascoste. È un segnale che il festival ha scelto di fare un passo verso le storie di chi lotta per non essere messo a tacere.

Il contesto politico e la solidarietà internazionale

Jafar Panahi è stato protagonista anche di un episodio drammatico legato al carcere di Evin, una struttura a Teheran nota per la detenzione di oppositori politici. Arrestato nel luglio 2020 e successivamente nel 2022, il regista ha dato sostegno pubblico a manifestazioni contro le violenze della polizia, in particolare dopo la morte di Mahsa Amini, giovane donna deceduta in custodia per una presunta trasgressione delle normative sull’hijab.

In questi anni Panahi ha usato la propria voce per denunciare la repressione e per chiedere la liberazione di colleghi e attivisti incarcerati, tra cui la designer Leila Naghdipari. Il suo sciopero della fame ha contribuito a spingere le autorità a rilasciarlo dopo lunghe detenzioni.

Il movimento “donna vita libertà” che è nato nel 2022 in seguito a quei fatti ha raccolto consensi in tutto il mondo, e il regista ne è diventato un simbolo, anche a costo di rischiare nuovamente il carcere. La sua figura continua a rappresentare la resistenza culturale contro la censura e la violenza.

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