Ergastolo per l’omicidio di Salvatore Esposito: la sentenza dopo 10 anni di indagini a Napoli

Ergastolo per l’omicidio di Salvatore Esposito: la sentenza dopo 10 anni di indagini a Napoli

Nel 2023 la giustizia condanna all’ergastolo Paolo Abbatiello e Gianfranco Leva per l’omicidio di Salvatore Esposito, ucciso nel 2013 dal clan Licciardi a Napoli in un delitto d’onore.
Ergastolo Per Le28099Omicidio Di Sa Ergastolo Per Le28099Omicidio Di Sa
Nel 2023 è stata emessa la sentenza di ergastolo per l’omicidio di Salvatore Esposito, ucciso nel 2013 dal clan Licciardi di Napoli per motivi di “delitto d’onore”, grazie a un’indagine durata anni e coordinata dai Carabinieri del Ros. - Gaeta.it

Nel 2023 si è chiusa una vicenda di cronaca nera che risale al 2013, quando Salvatore Esposito, detto “Totoriello”, fu ucciso e sciolto nell’acido in un episodio legato al clan Licciardi di Napoli. La sentenza di ergastolo è stata pronunciata dal giudice Valentina Giovanniello al termine di un processo con rito abbreviato, dopo anni di indagini coordinate dai Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Napoli.

L’omicidio di salvatore esposito: la dinamica del delitto d’onore

Salvatore Esposito fu vittima di un omicidio brutale, ordinato dal clan Licciardi, una delle realtà malavitose più note dell’area napoletana. La motivazione scatenante fu la sua relazione sentimentale con la moglie di Giovanni Licciardi, figlio del boss Gennaro Licciardi, detto “la scimmia”, a capo del clan e dell’Alleanza di Secondigliano.

Il 27 settembre 2013, Esposito fu attirato in una trappola con il pretesto di una visita organizzata per andare a trovare il marito di Maria Licciardi, sorella di Gennaro e anch’essa accusata di associazione mafiosa. Il luogo scelto per il delitto fu la zona difficile d’accesso delle cave di tufo nel quartiere napoletano di Chiaiano. Qui Esposito venne ucciso a colpi di pistola. Subito dopo, i killer si liberarono del corpo sciogliendolo nell’acido dentro un bidone riscaldato con un bruciatore. Questo procedimento servì a cancellare ogni prova materiale, rendendo il caso un cosiddetto cold-case, senza sviluppi per anni.

Il lavoro investigativo che ha riaperto il caso

Per anni si era persa ogni traccia del delitto Esposito fino a quando, durante un’altra indagine sulla criminalità organizzata, i carabinieri del Ros intercettarono una conversazione in cui emerse un particolare rivelatore. Quella frase permise agli investigatori di collegare eventi e persone, portando alla luce il delitto rimasto irrisolto per quasi un decennio.

Nel maggio 2023 i militari arrestarono Paolo Abbatiello, Gianfranco Leva e Raffaele Prota, ritenuti tra i mandanti dell’omicidio. Tra loro, Abbatiello e Leva furono condannati all’ergastolo dopo il processo abbreviato, mentre Prota ricevette una pena di otto anni. Le indagini e le intercettazioni hanno infatti evidenziato il ruolo centrale di questi uomini nel piano di sparizione di Esposito.

Il lavoro dei carabinieri ha richiesto un attento esame delle conversazioni intercettate e la ricostruzione meticolosa dei movimenti avvenuti nelle ore precedenti al delitto, unendo elementi di analisi tradizionali con nuove tecnologie investigative.

Il clan licciardi e il contesto criminale di napoli

Il clan Licciardi è uno dei gruppi criminali che componevano l’alleanza chiamata “Alleanza di Secondigliano”, operativa nella criminalità organizzata partenopea. Gennaro Licciardi, fondatore e capo del gruppo, diede rilievo a un sistema di controllo territoriale caratterizzato da violenza e rigide regole di comportamento, tra cui la vendetta e il rispetto del cosiddetto “codice d’onore”.

Maria Licciardi, sorella di Gennaro e figura di rilievo all’interno del clan, fu arrestata proprio mentre tentava di lasciare il paese per la Spagna. La vicenda di Salvatore Esposito rientra proprio in questo contesto, dove le relazioni personali degli affiliati spesso diventavano motivo di ritorsioni violente e regolamenti di conti.

La condanna degli imputati, dopo tanto tempo, segna uno dei pochi casi di punizione per omicidi commessi in seno a questi gruppi, il cui potere spesso tiene lontani i testimoni e complica le indagini.

Le fasi del processo e la sentenza del gip di napoli

Il giudice Valentina Giovanniello ha emesso la sentenza dopo aver esaminato gli elementi raccolti nel corso di una lunga inchiesta e del processo con rito abbreviato. Questa formula giudiziaria permette una decisione veloce, basata sul materiale già disponibile senza passare per il dibattimento pieno.

Paolo Abbatiello e Gianfranco Leva sono stati condannati all’ergastolo, la pena più severa prevista dal sistema penale italiano, per avere organizzato e ordinato l’omicidio di Esposito. Raffaele Prota ha ricevuto una condanna a otto anni di carcere per un ruolo meno centrale.

La severità della pena riflette la gravità del reato e le modalità dell’agguato, che oltre alla violenza del proiettile ha visto la distruzione del corpo nella sostanza corrosiva, un gesto che voleva cancellare ogni traccia dell’omicidio e intimidire chi si fosse opposto al clan. Il tribunale ha riconosciuto nella condanna un messaggio chiaro contro l’illegalità e la violenza criminale.

Nel corso della vicenda giudiziaria sono emersi anche altri dettagli sui movimenti degli indagati, sui collegamenti tra le famiglie e sulla rete di complicità che ha permesso la copertura delle responsabilità per anni.

Napoli resta uno scenario dove la lotta contro le organizzazioni mafiose continua a richiedere attenzione e impegno da parte delle forze dell’ordine, con vittorie giudiziarie come questa che vanno raccontate perché incidono sulla vita quotidiana dei cittadini.

Change privacy settings
×