Le recenti dinamiche geopolitiche portano l’Italia a prepararsi eventualmente a riprendere la leadership della missione dei caschi blu in Libano. Questa missione, nota come Unifil, si compone di circa 10mila soldati, con l’obiettivo di mantenere una tregua fragile tra Hezbollah e Israele. Con oltre un anno di conflitti intensificati tra i miliziani sciiti e le forze di difesa israeliane , la situazione sul campo è fluida e complessa. Entro il prossimo marzo, con la scadenza del mandato dell’attuale comandante, ci sono quindi possibilità concrete di un avvicendamento al vertice della missione.
Possibili cambiamenti nella leadership di Unifil
La missione Unifil è storicamente stata sotto comando italiano, prima di passare nelle mani di un generale spagnolo, Aroldo Lázaro Sáenz, nel 2022. Con l’approssimarsi della fine del suo mandato, la prospettiva di un ritorno dell’Italia al comando è crescente e il generale Dino Abagnara, ex comandante della brigata Garibaldi, si fa strada tra i nomi candidati. Questa eventualità è sostenuta dalla significativa esperienza dell’Italia nei peacekeeping e dalle relazioni consolidate nel territorio libanese.
Un eventuale cambiamento non è affatto da sottovalutare, poiché un ritorno dell’Italia al vertice potrebbe rivelarsi un elemento stabilizzante nel fragile contesto libanese. Infatti, la missione Unifil è attivamente coinvolta nella protezione dei civili e nella prevenzione delle violenze tra le fazioni in conflitto, rendendo cruciale un comando solido e affidabile.
Previsioni e piani di riserva per la sicurezza in Libano
Parallelamente alle operazioni di comando, il governo italiano sta esaminando anche l’idea di schierare una riserva di militari italiani in Libano, pensata per rinforzare il contingente di Unifil se necessario. Questa risorsa potrebbe comprendere fino a 500 soldati pronti ad essere dispiegati strategicamente, in Italia o in luoghi di interesse come Cipro, per garantire supporto in caso di un’escalation della situazione. Tuttavia, al momento non ci sono decisioni definitive in merito, ed eventuali modifiche agli schieramenti sarebbero soggette all’approvazione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Il confronto all’interno dell’Onu comprenderà anche la possibilità di revisionare le regole di ingaggio per i peacekeeper in Libano. Un eventuale allentamento di queste norme potrebbe permettere ai contingenti internazionali di operare in maniera più flessibile ed efficace, aumentando le possibilità di affrontare direttamente le minacce e mantenere la stabilità.
Reintroduzione dei Carabinieri in Cisgiordania
In un altro fronte, l’Italia continua a monitorare la situazione in Cisgiordania, dove i Carabinieri sono già attivi con una missione a Gerico. Un gruppo di dieci uomini è stato inviato per facilitare la riapertura di programmi di addestramento per le forze di sicurezza palestinesi. La missione, parte degli sforzi per stabilizzare l’area dopo l’aggravarsi delle tensioni, formerà le forze di polizia su vari aspetti, tra cui le tecniche investigative e la gestione dell’ordine pubblico.
A partire dal 2014, queste attività hanno contribuito a specializzare circa cinquemila poliziotti palestinesi, nel tentativo di sostenere un contesto di pace e sicurezza nella regione. Con le recenti richieste da parte degli Stati Uniti di reintegrare 200 soldati italiani, l’attenzione strategica sul ruolo italiano in Cisgiordania potrebbe ampliarsi notevolmente. Questo contesto, unito alla stabilizzazione delle forze di sicurezza locali, è cruciale per affrontare efficacemente le tensioni persistenti in quest’area complicata.
Ultimo aggiornamento il 29 Novembre 2024 da Armando Proietti