Un episodio inquietante emergente da recenti indagini della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli ha rivelato come un bambino di tre anni sia stato esposto a conversazioni violente riguardanti le attività criminali della famiglia Cipolletta di Pomigliano. Le intercettazioni, risalenti al 10 febbraio dell’anno scorso, hanno portato all’emissione di 27 ordinanze cautelari, svelando il coinvolgimento del piccolo in discussioni legate a estorsioni e atti di violenza.
Dialoghi inquietanti tra familiari e un ambiente tossico
Le intercettazioni hanno avuto luogo all’interno del carcere di Carinola, dove un boss della famiglia Cipolletta conversava con una cognata e il giovane nipote. Durante la chiamata, il detenuto ha espresso disappunto verso un bar che non ha pagato il pizzo, esclamando: “Dobbiamo andare a sparare e dobbiamo sparare a tutti quanti, ci dobbiamo far dare tutti i soldi”. Questo linguaggio violento non solo coinvolgeva gli adulti, ma veniva anche schernito dal bimbo, il quale, incuriosito, rispondeva positivamente alla madre quando le veniva chiesto se volesse utilizzare una pistola.
Il piccolo ha dimostrato di assorbire completamente le conversazioni dei due adulti, ribattendo a una domanda relativa al target degli spari, in modo sorprendentemente disinvolto. La madre continuava a incuriosirlo, chiedendo informazioni sui suoi piani, e il bambino rispondeva nel modo più naturale possibile, citando luoghi familiari come “vicino alla chiesa”. Tale dialogo evidenzia un’estrema normalizzazione della violenza anche nella mente di un bambino così giovane.
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Indottrinamento camorristico: il ruolo della famiglia
Un altro aspetto allarmante di queste intercettazioni mostra come il piccolo fosse oggetto di un vero e proprio indottrinamento camorristico. Il suo comportamento e le frasi che era in grado di esprimere riflettono una realtà distorta, nella quale la violenza viene banalizzata e presentata come un gioco. Una particolare intercettazione ha mostrato il bambino intentato a tatuarsi il volto di Joker, personaggio noto per la sua natura violenta. Questo comportamento non fa altro che sottolineare l’influenza nociva degli adulti su di lui.
La conversazione è avvenuta mentre c’era in corso una videochiamata con un membro della famiglia detenuto. È sorprendente notare come la madre non abbia protestato contro l’uso di un linguaggio violento e inadeguato in presenza del bambino. Questo tipo di dinamica familiare crea un contesto assolutamente preoccupante, in cui la violenza diventa un elemento costante della vita quotidiana.
Ulteriori segni di violenza nella vita del bambino
Le intercettazioni successive rivelano un’altra situazione sconcertante. Il padre del bambino, mentre discuteva con alcuni complici riguardo a possibili tangenti, mostrava al piccolo una pistola, incentivando un ulteriore coinvolgimento in azioni illegali. La madre, sempre presente, si è espressa in modo sprezzante nei confronti della capacità del bambino di maneggiare l’arma, mentre il padre lo incitava a voler “la cosa vera”.
Questo clima di violenza verbale e comportamentale, che si manifesta senza alcun filtro, chiarisce come all’interno di questa famiglia ci sia un’assenza totale di consapevolezza riguardo alla gravità delle situazioni. La normalizzazione della violenza, unita alla manipolazione psicologica della giovane mente, delinea un quadro desolante e preoccupante per qualsiasi società sana.
Le recenti scoperte mostrano chiaramente l’urgenza di interventi significativi per interrompere questi cicli di violenza trasmessi di generazione in generazione. La società deve affrontare queste realtà dure e oggettive, per cercare di proteggere i giovani dalle influenze distruttive e costruire un futuro più sano.