La Basilicata affronta una vera emergenza legata all’eccessiva presenza di cinghiali sul territorio. Si stimano circa 88.600 capi, un numero che crea problemi per l’agricoltura locale e l’ecosistema. La Regione ha lanciato un progetto per ridurre drasticamente questa popolazione, puntando non solo al contenimento ma anche a trasformare la selvaggina in una risorsa economica. L’iniziativa, avviata in primavera 2025, mira a un abbattimento consistente e al reinserimento dei capi nella filiera produttiva regionale.
La situazione attuale dei cinghiali in basilicata
La Basilicata conta oggi quasi 89 mila cinghiali, un dato che mette in difficoltà agricoltori e fauna locale. Questi animali, proliferati rapidamente negli ultimi anni, provocano danni ingenti ai raccolti e alterano l’equilibrio naturale. Lo spostamento delle popolazioni e la crescita incontrollata hanno portato la Regione a dichiarare un’emergenza.
L’assessore regionale alle Politiche Agricole, Carmine Cicala, ha delineato la criticità del problema. “Il numero così alto di ungulati genera conflitti con le attività agricole e incrementa i rischi per la sicurezza sulle strade”. Il continuo aumento crea pressione sulla biodiversità, mettendo in pericolo specie più rare e modificando ecosistemi delicati.
Leggi anche:
Le zone rurali lucane, caratterizzate da numerosi terreni coltivati e aree boschive, diventano teatro di frequenti incursioni di cinghiali. Il problema si manifesta soprattutto in primavera e autunno, stagioni durante le quali i danni alle colture crescono sensibilmente. Diverse comunità locali hanno chiesto interventi più decisi per contenere la situazione.
Il progetto regionale per il contenimento e la valorizzazione della selvaggina
Dal 9 aprile 2025, la Basilicata ha avviato un progetto che mira a ridurre la popolazione di cinghiali con un abbattimento programmato. L’obiettivo è riportare il numero degli ungulati a circa 15.200 entro tre anni, con un calo annuale di circa il 30%. Questo programma prevede un abbattimento mensile di 1.250 capi nei prossimi mesi.
La strategia regionale non si limita alla semplice regolazione del numero di cinghiali, ma punta anche a dare valore economico alla selvaggina raccolta. Gli animali abbattuti vengono inseriti in una filiera produttiva che valorizza la carne e i suoi derivati. Grazie a questo sistema, si promuove un’area di mercato nuova, sotto il marchio “Io compro lucano”, che serve a riconoscere e valorizzare prodotti tipici lucani ottenuti da queste risorse.
L’assessore Cicala ha sottolineato che si tratta di un modello unico, chiamato “Modello Basilicata”, che ha suscitato interesse anche da altre regioni e dal governo centrale. La Regione fa così da apripista per un metodo che coniuga intervento ambientale, controllo faunistico e sviluppo economico locale.
I primi risultati del progetto e le prospettive future
Nei primi 84 giorni dall’avvio del progetto, di cui 45 necessari per completare autorizzazioni e procedure, sono stati già conferiti in filiera 700 capi. Questi dati dimostrano l’efficacia dell’iniziativa anche in assenza della stagione venatoria, che partirà ad ottobre 2025.
L’azione è stata portata avanti dai selezionatori e dai bioregolatori, figure specializzate nella gestione faunistica e nella cattura selettiva degli animali. Questo approccio ha permesso di avviare il contenimento in modo rapido, con impatto controllato.
La sfida ora è proseguire su questa strada mantenendo alto il ritmo degli abbattimenti per centrare l’obiettivo previsto. A regime, la filiera potrà offrire nuove opportunità lavorative e un mercato riconosciuto per i prodotti derivati. Un’attenzione particolare sarà necessaria per garantire il bilanciamento tra attività umane, presenza faunistica e tutela ambientale.
Gli sviluppi in Basilicata saranno osservati con interesse anche da altre aree italiane che affrontano problemi simili. “Il progetto mostra come una gestione accorta possa intervenire in emergenze ambientali e trasformare un problema in una risorsa concreta per il territorio”.