Il ruolo della social design agency nelle strategie di disinformazione del cremlino svelato da studio svedese

Il ruolo della social design agency nelle strategie di disinformazione del cremlino svelato da studio svedese

La Social design agency russa utilizza marketing politico, spionaggio e tecnologia per diffondere disinformazione in Occidente, ma presenta fragilità interne che possono essere sfruttate con strategie europee coordinate.
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Un nuovo studio evidenzia come la Social Design Agency russa utilizzi tecniche ibride di marketing, spionaggio e psicologia per diffondere disinformazione in Occidente, minacciando il dibattito pubblico e la fiducia nelle istituzioni, e propone strategie integrate e coordinate per contrastare efficacemente questa minaccia. - Gaeta.it

La disinformazione russa continua a rappresentare una minaccia per il dibattito pubblico in occidente. Un nuovo studio condotto dalla Lund University e dalla Psychological Defense Agency svedese ha approfondito il funzionamento di un attore chiave in questo meccanismo, la Social design agency . Non si tratta solo di propaganda tradizionale, ma di un sistema complesso che mescola marketing politico, spionaggio, psicologia e tecnologia digitale per influenzare le opinioni e orientare le discussioni pubbliche. Nel report, che aggiorna le analisi sul tema, emergono dettagli sull’organizzazione, le strategie e anche le debolezze di questa agenzia russa.

La natura ibrida e gli strumenti operativi della social design agency

La Social design agency non assomiglia a una normale agenzia comunicativa. Al contrario, i ricercatori la descrivono come una macchina che unisce metodi presi dal mondo della pubblicità commerciale, dell’intelligence e delle operazioni psicologiche. Le sue funzioni si articolano in cinque aree principali: monitoraggio, analisi, creatività, distribuzione e servizi accessori.

Nella fase di monitoraggio, la Sda si affida a strumenti come Brand analytics, capaci di raccogliere grandi quantità di dati da media mainstream e social network. Questi dati però non sembrano essere usati in modo lineare per perfezionare le campagne. Più spesso, i report prodotti hanno una funzione formale: servono a mostrare ai committenti governativi l’effetto apparente delle attività, senza cambiare davvero la strategia sul campo.

Dal punto di vista analitico, il sistema mostra limiti chiari. I sondaggi sono costruiti per confermare tesi già decise, i focus group risultano poco trasparenti nella scelta dei partecipanti, e gli esperti coinvolti sono selezionati per aderire all’ideologia del Cremlino anziché per garantire un confronto oggettivo. Di contro, la fase creativa appare ben consolidata: la Sda produce una grande varietà di contenuti veloci e adattabili. Artefatti che vanno da articoli giornalistici e meme a video, falsi profili social, siti “specchio” che riflettono notizie manipolate e messaggi generati con intelligenza artificiale.

I canali di distribuzione e le tecniche di amplificazione

I canali di distribuzione usati sono numerosi e versatili. Oltre ai bot e alle inserzioni pubblicitarie mirate, la Sda sfrutta gruppi Telegram, profili dormienti sui social, e commenti automatizzati. Queste ultime tecniche vedono l’impiego di spam sia testuale che visivo, che rende difficile intercettare e filtrare i contenuti promossi. Ne risulta un rumore di sottofondo che sommerge le discussioni reali.

Fragilità interne e limiti tecnologici nella macchina della disinformazione russa

Nonostante il vasto arsenale e le tattiche diversificate, la Sda registra alcune fragilità importanti. Il report individua quattro punti deboli da cui si può partire per contrastarla. Prima, la struttura interna soffre di forti divisioni e competizioni tra diversi contractor, che riducono l’efficacia complessiva delle operazioni.

Secondo, la dipendenza da tecnologie e metodologie ormai datate limita la capacità di raggiungere e convincere pubblici lontani dalla cultura russa. La terza debolezza risiede proprio nell’incapacità di influenzare efficacemente audience straniere, che spesso riconoscono e respingono i messaggi manipolativi.

Infine, il modo in cui viene misurato il successo delle campagne è centrato sulla “notorietà”: quanti ne parlano, non su quanto realmente cambiano opinioni o comportamenti. Questo porta a una sovrastima del valore operativo dei messaggi diffusi.

Queste contraddizioni possono trasformarsi in vantaggi per le contromisure occidentali; tuttavia richiedono un approccio diverso da quello applicato fin qui.

Le strategie proposte per rispondere ai nuovi attacchi informativi russi

Il report richiama l’attenzione su un problema diffuso: combattere la Social design agency con i soli fact-checking o smascheramenti isolati non basta più. Serve un cambiamento nella modalità di risposta agli attacchi Fimi .

Cinque indicazioni emergono dallo studio. La prima propone di abbandonare una logica reattiva per adottare un metodo d’analisi strutturale e predittiva, in grado di anticipare mosse e strategie. La seconda invita a limitare l’esposizione mediatica ormai automatica che rischia di far circolare più di quanto si vorrebbe i messaggi russi.

Poi, si suggerisce di mettere risorse nei sistemi di early warning per scoprire con anticipo nuove operazioni di disinformazione. La quarta direzione è costruire squadre interdisciplinari che riuniscano esperti della comunicazione, scienziati dei dati, studiosi di sicurezza e specialisti di psicologia.

Coordinamento europeo e collaborazione interistituzionale

L’ultima indicazione riguarda la necessità di coordinare le iniziative a livello europeo, superando la frammentazione tra stati e agenzie e lavorando in modo congiunto per contrastare efficacemente la minaccia.

Il pericolo di una contaminazione duratura del dibattito pubblico occidentale

Le attività della Social design agency vanno oltre una semplice propaganda: il vero rischio è che le campagne russe non si limitino a convincere una parte del pubblico. Il report sottolinea come il pericolo più grande riguardi la contaminazione graduale del dibattito pubblico.

Questa contaminazione mina la fiducia collettiva nelle istituzioni, nei media e nelle basi della democrazia occidentale. Le strategie usate dalla Sda sembrano progettate proprio per generare dubbi diffusi, frammentare le opinioni e ridurre la capacità della società di confrontarsi su fatti reali.

L’allarme lanciato dagli autori riguarda questo effetto corrosivo, che va riconosciuto e contrastato con strumenti adeguati. Fermare i contenuti manipolativi non basta: occorre intervenire profondamente sul sistema che li produce e li diffonde, per non lasciare spazio a inganni che possono indebolire la coesione pubblica nel lungo termine.

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