Il diabete mellito non è solo una questione di controllo della glicemia, ma ha ripercussioni significative sulla salute mentale e cognitiva, come evidenziato dai recenti studi presentati al 30esimo congresso nazionale della Società Italiana di Diabetologia a Rimini. Gli esperti hanno sottolineato come l’eccesso di glucosio nel sangue possa rivelarsi tossico per il cervello, accelerando i segni di demenza e declino cognitivo, specialmente tra la popolazione anziana.
Diabete e età avanzata: un circolo vizioso
Un dato preoccupante emerso durante il congresso è che circa il 67% delle persone con diabete ha più di 65 anni e uno su cinque supera gli 80 anni. Questo evidenzia che il diabete è particolarmente comune nell’età in cui il declino delle funzioni cognitive inizia a manifestarsi. Infatti, i primi segni di demenza colpiscono circa il 20% delle persone over 65, e uno su tre sviluppa una forma conclamata di demenza nei cinque anni successivi. Tuttavia, per chi soffre di diabete, questo processo di deterioramento risulta accelerato. Gli esperti avvertono che l’eccesso di glucosio e altri fattori metabolici contribuiscono a un aumento dei rischi di deterioramento cognitivo.
L’invecchiamento, pertanto, gioca un ruolo cruciale, poiché porta a cambiamenti nella composizione corporea che aumentano il rischio di sviluppare diabete. La perdita di massa muscolare e ossea, insieme all’aumento della massa grassa, rappresentano ulteriori fattori di rischio. Secondo Angelo Avogaro, presidente della SID, la demenza risulta tra le comorbilità più frequenti nelle persone con diabete di età superiore ai 70 anni, con meccanismi comuni al deterioramento cognitivo, come lo stress ossidativo e le alterazioni metaboliche.
Impatti sulla qualità della vita e statistiche allarmanti
L’impatto del diabete sulla salute mentale è considerevole, sia per l’individuo che per il nucleo familiare. Carla Greco, coordinatrice della sessione e membro del Gruppo Giovani della SID, ha sottolineato che la demenza è la prima causa di morte tra le persone anziane con diabete, rispetto ai coetanei senza questa condizione. Questo fenomeno evidenzia la necessità di gestire il diabete non solo dal punto di vista glicemico, ma anche considerando le complicazioni cognitivo-comportamentali che ne derivano.
La SID ha messo in luce la pericolosità dell’ipoglicemia, che può provocare danni neuronali in pochi minuti. Pertanto, controllare la glicemia nella popolazione diabetica anziana è una delle sfide più rilevanti per preservare funzioni cognitive vitali come memoria, attenzione e attività psicomotorie, le quali sono essenziali per mantenere un buon livello di autonomia. Studi recenti hanno evidenziato un aumento significativo del rischio di demenza associato al diabete: dal 50% al 100% per la demenza di Alzheimer e dal 100% al 150% per la demenza vascolare.
Meccanismi biologici e neurochimici alla base del problema
Il cervello, per le sue funzionalità, necessita di un costante apporto di glucosio, ma un eccesso di zuccheri può generare sostanze tossiche e attivare processi infiammatori. Gli specialisti del congresso hanno evidenziato che l’iperglicemia cronica porta a una serie di alterazioni nei circuiti cerebrali, compromettendo la capacità del cervello di modulare il flusso sanguigno. Tecniche avanzate di neuroimaging hanno rivelato che la glicemia elevata provoca la formazione di specie reattive dell’ossigeno e prodotti finali avanzati della glicazione, entrambi fattori che possono danneggiare i neuroni.
In questo contesto, l’iperinsulinemia e l’insulino-resistenza cerebrale emergono come altre cause che aggravano la situazione. Il problema si complica ulteriormente con lo stato di infiammazione cerebrale subclinica, che accompagna spesso il diabete. Le conseguenze di questi meccanismi possono portare a una condizione di decadimento cognitivo che non può e non deve essere trascurata.
Innovazioni farmacologiche nella lotta al declino cognitivo
Le novità nel campo farmacologico offrono speranze per mitigare i danni neurologici associati al diabete. Recenti studi hanno evidenziato l’efficacia di farmaci della classe degli analoghi del recettore del glucagon-like peptide 1 . Questi farmaci sembrano non solo migliorare il controllo glicemico, ma anche avere effetti positivi sulla neurogenesi e sulla protezione delle cellule cerebrali dall’ossidazione e dall’infiammazione. Carla Greco ha concluso evidenziando l’importanza di queste nuove evidenze, che potrebbero cambiare le prospettive terapeutiche per le persone con diabete e un rischio aumentato di demenza.
Ultimo aggiornamento il 27 Ottobre 2024 da Elisabetta Cina