Il volto noto delle lotte per l’aborto libero e sicuro a Torino, Silvio Viale, si trova al centro di un’inchiesta giudiziaria per violenza sessuale. Consigliere comunale e medico dell’ospedale Sant’Anna, Viale è accusato da sette ex pazienti di comportamenti che i magistrati definiscono gravi e attendibili. Le denunce hanno fatto emergere un quadro delicato, soprattutto perché coinvolgono un professionista legato alla difesa dei diritti civili e della salute delle donne.
La prima denuncia pubblica e la nascita di un caso giudiziario
Il 25 novembre 2023, durante una manifestazione in piazza Castello a Torino, una giovane donna ha preso il megafono davanti a molte persone e ha denunciato per la prima volta un abuso subito da un medico vicino alla sinistra. Le parole, cariche di dolore, hanno risvegliato un coro di altre testimonianze, arrivando a sette denunce formali in procura. Le pazienti, tutte donne tra i 20 e i 30 anni, raccontano esperienze simili: violazioni talvolta sottili ma profonde della loro dignità e fiducia durante visite ginecologiche.
Questo evento ha generato una tensione sociale e istituzionale, perché coinvolge un personaggio da tempo riconosciuto come simbolo di ben altri valori. Le segnalazioni sono arrivate a breve distanza l’una dall’altra e non sembrano il risultato di suggestioni o influenze reciproche, almeno secondo i pm che indagano.
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Silvio Viale è stato per anni un protagonista delle battaglie radicali per la libertà di scelta in campo sanitario. Fu tra i primi a adottare la pillola abortiva Ru486 in Italia, offrendo un’opzione meno invasiva alle donne e mettendo la propria figura al centro di un ideale medico laico e progressista. Praticante e consigliere comunale, si è sempre presentato come schierato a fianco delle donne e dei loro diritti.
Ora però è accusato proprio da quelle che erano le persone che avrebbe dovuto tutelare. Le sette donne hanno affidato le loro testimonianze ad avvocate esperte come Benedetta Perego e Ilaria Sala. Le indagini della procura di Torino, guidate dalle pm Lea Lamonaca e Delia Boschetto, hanno raccolto elementi ritenuti solidi: le vittime non avrebbero agito per emulazione o pressione sociale, ma raccontano episodi coerenti e autonomi.
Le perquisizioni e il materiale sequestrato nello studio di san salvario
Il 21 febbraio 2024, i carabinieri del nucleo investigativo hanno perquisito lo studio privato di Viale, situato nel quartiere San Salvario, e i locali dell’ospedale Sant’Anna. Sono stati acquisiti dispositivi elettronici, come computer e telefoni, contenenti centinaia di immagini intime delle pazienti. Di per sé le fotografie potrebbero avere finalità mediche, ma secondo le testimonianze raccolte mancava ogni forma di consenso o spiegazione.
Le donne descrivono questi scatti come gesti invasivi, fatti senza avvertimenti, vissuti come umilianti. La procura usa definizioni precise: parla di “palpeggiamenti lascivi”, “commenti non desiderati” e atteggiamenti che hanno generato vergogna e senso di impotenza nelle ragazze. Si tratta del confine che separa un esame medico da un abuso. Un confine violato, nel racconto delle vittime, dove il camice sanitario non ha salvaguardato la loro integrità fisica e psicologica.
La posizione difensiva e l’attesa del giudizio
Silvio Viale, rappresentato dall’avvocato Cosimo Palumbo, respinge tutte le accuse. Ha negato di conoscere le donne che lo hanno denunciato e ha definito il suo modo di fare “diretto e informale”, senza mai avere intenzioni inappropriate. La difesa punta a dimostrare la mancanza di elementi che provino un abuso, sostenendo che le immagini e le visite siano sempre state parte di una prassi clinica.
Il procedimento giudiziario passerà ora nelle mani del giudice per l’udienza preliminare, che dovrà decidere se rinviare a processo Viale. La questione si annuncia delicata, vista la reputazione pubblica del medico e la complessità delle testimonianze raccolte.
Le ripercussioni in consiglio comunale e l’isolamento politico
L’inchiesta ha avuto ripercussioni anche nel contesto istituzionale della città. Alcune colleghe del consiglio comunale hanno riferito di aver subito dal ginecologo rigurgiti di sessismo e comportamenti poco appropriati. Il clima attorno a Viale è diventato teso, e quel volto fino a poco tempo fa visto come garante di diritti ora appare isolato.
I racconti di molestie e atteggiamenti inopportuni sono emersi negli ambienti politici, contribuendo a creare una nuova percezione della sua figura pubblica. Il processo in corso e l’inchiesta hanno modificato radicalmente il quadro intorno a un personaggio che fino a ieri incarnava valori opposti a quelli che gli vengono contestati.
La mobilitazione sociale che ha portato alle denunce
Quel 25 novembre 2023 in piazza Castello non è stato solo un momento di denuncia individuale, ma l’inizio di un movimento che ha sollecitato altre donne a raccontare. La presenza dei fiocchi rossi e l’impegno emotivo delle partecipanti hanno dato forza a chi in silenzio aveva vissuto esperienze simili.
L’eco del messaggio “se ti riconosci, denuncia” si è diffuso rapidamente, soprattutto grazie alle reti sociali e ai gruppi di sostegno nei consultori. Questo appello collettivo ha trasformato la vicenda in un atto di accusa. La voce di chi ha parlato pubblicamente è diventata un elemento chiave per fare emergere la questione e mettere sotto esame il comportamento di un medico finora considerato un difensore della donna.
La giustizia e la società si trovano oggi davanti a un caso che mette in discussione un rapporto di fiducia fondamentale tra medico e paziente, con una vicenda che prosegue nei tribunali e nelle aule politiche di Torino.