Il conflitto in myanmar resta tra i più intricati in asia, con la giunta militare guidata da min aung hlaing che si rafforza nonostante la pressione internazionale. La decisione degli Stati Uniti di imporre un dazio del 40% sulle importazioni dal paese ha suscitato la reazione del generale golpista, che ha accolto la misura come un riconoscimento indiretto della sua leadership. La situazione interna continua a deteriorarsi, mentre le tensioni etniche e gli scontri militari aumentano, complicando i tentativi di trovare una soluzione pacifica.
La lettera di donald trump che ha provocato una reazione inaspettata in myanmar
Il 2025 ha visto un episodio singolare con la lettera firmata dall’allora presidente Donald Trump, che annunciava l’imposizione di dazi alle merci importate dal myanmar, colpendo in particolare le esportazioni sotto la giunta militare. Min aung hlaing ha reagito con un messaggio pubblico in cui ha ringraziato Trump, definendo la sua guida alla nazione come “sicura” e paragonando la sua stessa presa di potere al risultato delle elezioni Usa del 2020, ribadendo la narrazione di frode elettorale nel suo paese. Questa risposta, diffusa dal servizio di informazione del regime, ha sorpreso osservatori internazionali.
Un riconoscimento indiretto da parte degli Stati Uniti?
Alcuni esperti, come Richard Horsey dell’International Crisis Group, hanno visto nella lettera un possibile riconoscimento, seppur indiretto, di min aung hlaing da parte del governo Usa, anche se la diplomazia americana aveva evitato fino ad allora qualunque segnale di legittimazione alla giunta. Il paradosso risiede anche negli stretti rapporti del generale con leader come Vladimir Putin e Xi Jinping, considerati “nemici” dagli Stati Uniti. La missiva Usa, in sostanza, ha alimentato tensioni anziché moderare la crisi.
Leggi anche:
Il governo di unità nazionale e l’opposizione militare alla giunta in myanmar
Sul fronte interno, il regime militare trova un’opposizione agguerrita nel governo di unità nazionale, formato da esponenti politici e rappresentanti delle minoranze, che guida la resistenza armata e la gestione delle aree liberate. Questa coalizione si basa anche sull’eredità morale di aung san suu kyi, premio nobel per la pace, la cui figura continua a rappresentare l’aspirazione a un myanmar democratico.
Le regioni più colpite dai combattimenti vedono un’intensificazione degli scontri tra le forze del regime e i gruppi di opposizione, con raid aerei e attacchi contro obiettivi civili che provocano numerose vittime, compresi profughi in luoghi religiosi come monasteri buddisti dove si rifugiano famiglie sfollate. I dati sul terreno descrivono una situazione di guerra civile che fatica a trovare una mediazione, soprattutto perché il governo militare non sembra disposto a cessare le ostilità.
La posizione ambigua dell’asean e le crisi etniche nello stato chin
I colloqui dei ministri degli esteri dell’asean, tenutisi a kuala lumpur, hanno evidenziato la debolezza diplomatica nell’affrontare la crisi myanmar. L’organizzazione regionale si è limitata a condannare il mancato rispetto degli accordi presi nel 2021 senza imporre misure concrete contro la giunta. L’appello rivolto ai generali a mettere fine al conflitto si è accompagnato a un invito a organizzare elezioni entro l’anno, considerate però dagli oppositori come una manovra priva di significato reale, dato il controllo militare sul paese.
Crisi interetniche e flussi di profughi nello stato chin
Intanto, nella regione dello stato chin la situazione assume un’altra dimensione. Le milizie etniche in lotta contro la giunta si stanno combattendo anche tra loro, con scontri che provocano una nuova ondata di sfollati. Migliaia di persone infatti stanno attraversando il confine con l’India per cercare rifugio nello stato di mizoram. Questo conflitto parallelo mostra la complessità della crisi in myanmar, dove le divisioni interne tra gruppi etnici si intrecciano con la lotta contro il regime militare.
Gli attacchi aerei del regime e le vittime civili nella regione di sagaing
L’aviazione del regime continua a colpire sul terreno, usando la forza per fermare la resistenza armata nei territori contesi. Nella regione di sagaing, nota per la forte opposizione alla giunta, gli attacchi aerei hanno preso di mira anche luoghi frequentati da civili e profughi. Il 23 febbraio 2025 un bombardamento su un monastero buddista che ospitava circa 150 persone ha causato la morte di 23 profughi.
Questi fatti confermano la gravità della situazione umanitaria in molte parti del paese. Le violenze colpiscono non solo le truppe nemiche ma cercano di indebolire il sostegno alla resistenza azzerando le zone sicure e seminando paura tra la popolazione. Gli episodi di questo tipo accentuano la crisi e rendono ancora più difficile la possibilità di negoziati. Le organizzazioni internazionali continuano a denunciare le violazioni dei diritti umani commesse dalla giunta.
L’evolversi degli eventi in myanmar mostra una situazione senza tregua, in cui ogni nuovo atto di violenza alimenta la spirale del conflitto. La comunità internazionale resta divisa nel rispondere efficacemente, mentre sul terreno i combattimenti si intensificano e i civili continuano a pagare un prezzo altissimo.