Nel cuore di Roma, i volontari dell’Anno Santo si dividono tra piccoli gesti e accoglienza verso migliaia di pellegrini diretti alla Porta Santa. Giovani provenienti da ogni parte del mondo condividono storie di cambiamento personale e di impegno collettivo in un’esperienza che va oltre la semplice assistenza. Tra fede riscoperta e momenti di difficoltà superati, queste persone offrono un volto umano e attivo al Giubileo, rendendo più forte il legame tra spirito e quotidianità.
L’organizzazione e la presenza dei volontari durante il giubileo
Ogni mattina, in piazza Pia, le pettorine verdi riflettono la luce che illumina le centinaia di pellegrini pronti a varcare la Porta Santa. I volontari, un esercito silenzioso di ventiduemila persone, provengono da più di cinquant’anni paesi diversi e rappresentano tutte le età dell’uomo. Sono giovani e adulti accomunati dal desiderio di offrire supporto durante il cammino giubilare, seguendo i fedeli con attenzione, segnando il percorso e rispondendo alle esigenze di chi arriva da lontano. La loro presenza costante in via della Conciliazione e in piazza San Pietro si manifesta con gesti semplici: una mano tesa per indicazioni, l’accompagnamento nelle preghiere, la consegna della croce lignea a chi conduce il pellegrinaggio.
L’impegno di questi volontari non si limita a fattori pratici, ma si radica in una tensione interiore dove la fede diventa azione vissuta. Alcuni si avvicinano mossi da una spiritualità ritrovata, altri hanno trasformato crisi personali in occasioni per reincontrare il senso della propria esistenza. Lo spirito di collaborazione emerge non solo nel lavoro quotidiano ma anche nel confronto e nella condivisione tra persone provenienti da continenti diversi.
Leggi anche:
Testimonianze di un’esperienza di svolta personale
Per molti giovani, partecipare come volontari al Giubileo ha segnato un momento di svolta. Faustina, ventiquattrenne di Caorle, racconta come un periodo di depressione e isolamento l’abbia portata lontano dalla vita sociale e dagli studi in lettere. Un servizio televisivo che mostrava il lavoro dei volontari ha acceso in lei una scintilla e il sostegno del parroco don Giuseppe ha incoraggiato un percorso di guarigione interiore. Partecipare all’Anno Santo le ha ridato entusiasmo e fiducia negli altri. Il momento clou è stato l’8 maggio dentro la basilica Vaticana, quando la fumata bianca ha segnato un passaggio fondamentale. Per Faustina, vivere quell’attimo proprio a Roma ha rinsaldato il legame con una città e un’esperienza che ha cambiato il suo modo di vedere la fede e la vita.
Un altro spaccato viene dalla Domus Spei, la “casa” dove alloggiano molti volontari. Qui si crea un senso di comunità che sostiene chi si impegna ogni giorno. Le storie si intrecciano e si rafforzano. La condivisione di momenti di preghiera e lavoro offre terreno fertile per riscoprire sensi di responsabilità e di speranza.
L’esperienza di agustín e il valore del lavoro di gruppo
Agustín, ventottenne argentino originario di san Isidro, racconta di aver trovato nel volontariato un motivo profondo per continuare a vivere la fede. Docente nel movimento giovanile salesiano, ha partecipato al Giubileo con l’idea di un’esperienza seria, non un’occasione turistica. Il contatto con i pellegrini e l’interazione con gli altri volontari danno a lui e molti come lui “benzina” per affrontare le difficoltà. Dice che questa energia, insieme alla consapevolezza che le sfide si affrontano meglio in gruppo, rappresenta il valore più concreto che porterà con sé una volta rientrato in Argentina. Il Giubileo si rivela così un momento in cui la fede si traduce in gesti quotidiani e relazioni tangibili.
Nel suo racconto traspare il fatto che l’esperienza ha contribuito a consolidare un modo diverso di vivere la religiosità, meno legato ai riti solenni e più concentrato sulle piccole azioni di ogni giorno. Agustín mostra come il volontariato possa diventare uno strumento per dare senso concreto e duraturo a momenti di passaggio e crisi.
Da taiwan a roma per essere guida spirituale e messaggera della fede
Allegra, trentenne di Taiwan, incarna il percorso di chi arriva da lontano con diverse radici culturali ma con un desiderio di connessione profonda. Convertita da adulta e parte attiva di Comunione e Liberazione, usa le sue competenze linguistiche in cinese, inglese e italiano per aiutare i pellegrini di passaggio. Vive il Giubileo come un tempo per riscoprire la dimensione comunitaria e la spiritualità che si nascondono nei gesti più semplici: un sorriso, una parola di conforto, la presenza sincera.
Di grande importanza per lei è la promessa di portare a casa, in Taiwan, lo spirito vissuto in queste strade e basiliche di Roma. Lo definisce un dono fragile che va custodito con cura, pronto a diventare ponte tra culture e a stimolare nuovi incontri. La sua esperienza testimonia la forza delle relazioni nella pratica della fede e la possibilità di trasformare la religiosità in un impegno concreto verso gli altri.
Queste narrazioni di volontari raccontano un Giubileo che si organizza non solo nelle grandi cerimonie, ma soprattutto nell’impegno discreto di tanti giovani e adulti che, in modo silenzioso, costruiscono insieme un pezzo di storia spirituale e umana.