Fondi per lo spettacolo dal vivo, sette regioni denunciano scelte opache che minacciano cultura e pluralità

Fondi per lo spettacolo dal vivo, sette regioni denunciano scelte opache che minacciano cultura e pluralità

Sette regioni italiane criticano il decreto ministeriale 463 del 2024 per la gestione dei fondi pubblici allo spettacolo dal vivo, denunciando mancanza di trasparenza e rischio di penalizzazione per teatri e festival periferici.
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Sette regioni italiane criticano le nuove regole del ministero della Cultura sui fondi per lo spettacolo dal vivo, denunciando una maggiore attenzione al mercato a scapito di pluralismo, innovazione e territori periferici. - Gaeta.it

Negli ultimi mesi sette regioni italiane hanno lanciato un forte allarme sulla gestione dei fondi pubblici destinati allo spettacolo dal vivo. L’attenzione si concentra sulle modifiche ai criteri di assegnazione varate dal ministero della Cultura, che rischiano di indebolire il sistema di sostegno a teatri, festival e compagnie, favorendo logiche più commerciali. Il caso ha acceso il dibattito su pluralismo, trasparenza e il destino della rete culturale, soprattutto nelle zone periferiche del paese.

Critiche alle nuove regole sul fondo nazionale per lo spettacolo dal vivo

Il tema nasce dall’entrata in vigore del decreto ministeriale 23 dicembre 2024, n. 463, che ha rivoluzionato le modalità di distribuzione dei contributi. Alcuni governatori e assessori alla Cultura di Campania, Emilia-Romagna, Puglia, Toscana, Sardegna, Umbria e Valle d’Aosta hanno firmato una nota congiunta per esprimere “preoccupazione e sconcerto”. Secondo loro, nel testo normativo sono scomparsi riferimenti fondamentali come l’innovazione artistica, il rischio culturale da assumersi e la dimensione internazionale. Al loro posto, si premiano parametri legati a vendite di biglietti e ricavi, spingendo una logica di mercato in un settore che dovrebbe tutelare diversità e sperimentazione.

Un cambio di paradigma nel fondo nazionale

Questa modifica ha trasformato il Fondo nazionale da uno strumento pensato per sostenere la pluralità e la crescita artistica verso un meccanismo che, di fatto, privilegia attività con maggiori capacità di mercato. Vengono così penalizzate numerose realtà culturali più giovani o innovative, proprio quelle più vitali per mantenere attive le identità territoriali e meno presenti sulle grandi piazze caratteristiche ma vitali per la coesione sociale.

Impatti sui territori e sulle realtà culturali locali

Nel concreto, le conseguenze si sono già fatte sentire in varie aree del paese. Diversi festival, compagnie teatrali e centri di produzione culturale hanno subito esclusioni o tagli significativi. I criteri adottati per le selezioni sono stati giudicati poco chiari e privi di trasparenza. La severità colpisce soprattutto chi propone progetti con una forte attenzione all’innovazione sociale, all’inclusione e a una funzione educativa e aggregante.

Divario tra grandi metropoli e aree periferiche

Questa situazione mina non solo l’offerta culturale ma anche l’eguaglianza tra territori. Le grandi metropoli e le istituzioni più solide sembrano essere favorite, mentre i luoghi periferici si trovano ad affrontare condizioni difficili per mantenere viva un’attività culturale che spesso costituisce uno dei pochi punti di riferimento comunitari. La riduzione delle risorse alimenta così un divario già presente, privando intere aree di occasioni di crescita e partecipazione.

Il rischio è la perdita progressiva di un sistema culturale capace di incarnare molteplici identità e voci diverse, con ripercussioni sul tessuto sociale e sulle dinamiche di inclusione nei singoli territori.

Le richieste delle regioni e le proposte di intervento

Le sette regioni coinvolte hanno avanzato richieste precise al ministero della Cultura. Primo punto è la richiesta di azzeramento delle commissioni attuali che valutano progetti per il teatro e le arti multidisciplinari. Va ricostituito un organo dove bilanciare competenze tecniche e rappresentanza istituzionale. Questo dovrebbe garantire una valutazione più solida e imparziale delle proposte culturali.

Verso una maggiore trasparenza e partecipazione

Le regioni chiedono anche che ogni istanza di revisione delle decisioni venga gestita con la massima serietà e trasparenza. Puntano a rivedere i criteri di selezione per sviluppare un confronto aperto tra stato e territori. L’apertura di un tavolo di confronto, al quale partecipino tutte le parti coinvolte, appare indispensabile per modificare le regole e riportare il Fondo alla sua funzione originale di sostegno alla pluralità culturale.

Nel documento inviato al ministero si sottolinea che “solo con un dialogo serio e rispettoso si potrà invertire una tendenza che rischia di compromettere il lavoro di numerose realtà attive e la ricchezza culturale dell’intero paese.” Le prossime settimane saranno decisive per capire se si potrà arrivare a nuove soluzioni condivise o se il settore subirà ulteriori strappi e difficoltà.

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