L’udienza che si è tenuta presso il tribunale di Catanzaro ha portato a un’importante svolta legale in un caso che coinvolge due figure di spicco del sistema penitenziario locale. Angela Paravati, 59 anni, ex direttrice della Casa Circondariale di Catanzaro, insieme a Simona Poli, 48 anni, comandante della Polizia Penitenziaria fino al 2022, sono state rinviate a giudizio con accuse gravi che potrebbero avere ripercussioni significative nel panorama della giustizia penale calabrese.
Le accuse nei confronti delle due imputate
Il Giudice dell’Udienza Preliminare di Catanzaro ha formalmente accusato Paravati e Poli di concorso esterno in associazione per delinquere. A Paravati, in particolare, si contestano ulteriori reati quali falso, evasione, falsità ideologica e corruzione. Tali accuse pongono sotto la lente di ingrandimento le presunte connivenze tra funzionari e gruppi criminosi operanti all’interno del carcere.
Il processo di primo grado avrà inizio il 28 gennaio presso il Tribunale Collegiale di Catanzaro. In tale contesto, si dovranno chiarire le responsabilità di queste due donne, la cui condotta, secondo l’accusa, ha fortemente compromesso l’integrità della struttura carceraria.
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La dinamica criminale all’interno del carcere
Stando all’inchiesta coordinata dai pubblici ministeri Veronica Calcagno e Anna Chiara Reale, Paravati e Poli sarebbero state attivamente coinvolte nel supportare due distinti gruppi criminali che operavano all’interno della Casa Circondariale. Questi gruppi si dedicavano non solo al traffico di sostanze stupefacenti, ma anche all’introduzione illegale di telefoni cellulari e SIM per i detenuti.
Gli inquirenti sostengono che tali attività illecite fossero facilitate da alcuni agenti della polizia penitenziaria, nonché dai familiari dei detenuti. La gestione di questo intricata rete di scambi ha alimentato un sistema di illegalità che ha reso il carcere un terreno fertile per attività criminose.
Un’inchiesta che coinvolge molti testimoni
L’udienza preliminare ha visto coinvolti in totale 77 soggetti, tra cui agenti di polizia penitenziaria operativi a Catanzaro, detenuti e membri delle loro famiglie. Questo massiccio numero di imputati suggerisce una rete di connivenze che ha potuto prosperare all’interno delle mura carcerarie. La prossima udienza, fissata per il 29 gennaio, servirà a proseguire l’analisi dei casi di chi ha scelto il rito abbreviato, mentre il GUP si pronuncerà su coloro che hanno richiesto un giudizio alternativo.
L’esito di questo procedimento potrebbe segnare un’importante avvenimento nella lotta alla corruzione nel sistema penitenziario calabrese, portando alla luce pratiche illecite che, se confermate, potrebbero avere effetti devastanti sull’immagine delle istituzioni penitenziarie.
La vicenda già suscita un grande interesse mediatico e potrebbe influenzare il futuro delle politiche carcerarie in Italia. Il caso di Catanzaro mette in evidenza le fragilità del sistema, evidenziando come le strutture carcerarie debbano fronteggiare non solo la gestione dei detenuti ma anche le possibili infiltrazioni della criminalità organizzata.