Un uomo di 29 anni è scappato dal carcere di Bollate, a Milano, dove stava scontando una pena per furto in abitazione. La notizia arriva dal vicesegretario del Sappe Lombardia, Matteo Savino, che ha confermato si tratta del terzo caso di evasione in tempi recenti nel penitenziario milanese. I precedenti coinvolgono altre figure, complicando il quadro della sicurezza nella struttura.
Dettagli sull’ultima evasione dal carcere di Bollate
L’ultimo detenuto evaso nasce a Garbagnate Milanese nel 1996 ed è di etnia rom, di origine serba. Condannato per furti in abitazione, avrebbe dovuto scontare la pena fino ad aprile 2028. La sua fuga è stata subito segnalata dalle autorità carcerarie. Le ricerche sono scattate rapidamente, coinvolgendo il personale di servizio e le forze dell’ordine esterne. La gran parte delle attività investigative si concentra nell’area attorno al carcere e nei comuni vicini per bloccare ogni possibile via di fuga o appoggio. Le autorità hanno sottolineato l’importanza di una risposta pronta per evitare che la fuga diventi un caso prolungato.
Le due precedenti evasioni che hanno scosso il carcere milanese
Gli altri due episodi contestuali risalgono a pochi mesi prima e hanno già creato allarme. Il primo riguarda Emanuele De Maria, che non ha fatto rientro al carcere dopo un lavoro esterno. È finito tragicamente: ha ucciso una collega e tentato di farlo con un’altra in un hotel dove lavorava, poi si è tolto la vita. Questo caso ha acceso un dibattito sulla gestione dei detenuti per lavori esterni e sulla prevenzione dei rischi. La seconda fuga ha coinvolto Breda Paolicelli, una donna di 55 anni di etnia rom, di cui si sono perse le tracce dal 28 maggio. Entrambi questi episodi hanno contribuito ad aumentare la pressione sul sistema penitenziario lombardo.
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La posizione del sindacato e le riflessioni sulla gestione della pena
Il segretario generale del sindacato Sappe, Donato Capece, ha rimarcato la necessità di ripensare alla gestione delle pene alternative al carcere. Capece critica l’attuale modello, definendolo un automatismo normativo che spesso non premia effettivamente i detenuti meritevoli ma rischia di creare problemi di sicurezza. Secondo lui, la fuga recente è il risultato delle scelte politiche e delle riforme che negli anni hanno progressivamente indebolito le misure di sicurezza nelle carceri. Per questo invita a varare interventi più concreti per evitare simili episodi e garantire la tutela di operatori, detenuti e cittadini.
Le ricerche e le misure in corso dopo l’evasione
Subito dopo l’accaduto, lo staff carcerario ha avvisato tutte le forze dell’ordine del territorio e sono iniziati posti di blocco e controlli in zone strategiche. I droni e le unità cinofile verranno coinvolti nelle operazioni per perlustrare le aree più difficili da raggiungere. L’attenzione si concentra sul rischio che il fuggitivo possa trovare supporto nella rete familiare o sociale esterna, che fino a oggi ha garantito momenti di relativa tranquillità in carcere. Stabilire un filo diretto con la polizia locale sta diventando cruciale per accelerare le ricerche senza lasciare spiragli. Intanto cresce l’apprensione tra la popolazione che vive vicino al carcere.
Il sistema di sicurezza nel carcere di Bollate si trova quindi sotto osservazione, dopo tre evasione consecutive che mettono in luce punti critici da risolvere nel breve termine. Le autorità coinvolte mantengono alta l’attenzione sulle ricerche, mentre il dibattito sulle politiche di detenzione continua a svilupparsi tra le figure istituzionali e sindacali del settore penitenziario.