Evasione fiscale in Italia: il concordato preventivo biennale delude le attese

Evasione fiscale in Italia: il concordato preventivo biennale delude le attese

L’analisi della Cgia di Mestre evidenzia l’inefficacia del concordato preventivo biennale contro l’evasione fiscale in Italia, con adesioni limitate e stime poco attendibili sui lavoratori autonomi.
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Evasione fiscale in Italia: il concordato preventivo biennale delude le attese - Gaeta.it

Il tema dell’evasione fiscale in Italia continua a sollevare dibattiti accesi e criticità, specialmente in relazione agli strumenti adottati per contrastarla. Secondo un’analisi dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, il concordato preventivo biennale non sembra avere l’efficacia sperata. Le stime sull’evasione fiscale tra i lavoratori autonomi, provenienti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze , appaiono poco attendibili. Questa situazione ha portato a interrogarsi su quanti effettivamente siano gli autonomi disposti a sottoscrivere un accordo con l’amministrazione fiscale.

Sottoscrizioni e impatti economici del concordato

Il numero di partite IVA che hanno aderito al concordato è di poco superiore a 500mila, un dato che corrisponde a circa l’11% dei 4,5 milioni di lavoratori autonomi presenti nel Paese. Questo numero di adesioni dovrebbe garantire all’erario un’entrata di circa 1,3 miliardi di euro, che risulta al di sotto delle previsioni preliminari, fissate inizialmente a 2 miliardi. Ciò ha sollevato domande sulla reale efficacia dello strumento, che, sebbene studiato per incentivare la regolarizzazione dei contribuenti, ha ottenuto risultati scarsi.

La media di pagamento per ciascun aderente si attesta su circa 2.600 euro. Questi dati, pur evidenziando una certa risposta da parte dei contribuenti, pongono in luce quanto il fenomeno dell’evasione fiscale sia radicato e complesso. In un contesto in cui il Mef ha stimato un “tax gap” di 82,4 miliardi, la capacità di attrarre un numero significativo di contribuenti attraverso il Cpb appare insufficiente.

L’evasione fiscale nel mirino: focus sull’Irpef

L’analisi degli esperti della Cgia sottolinea che l’Irpef è l’imposta più evasa da parte degli autonomi, con un’evasione stimata di 29,5 miliardi di euro, corrispondente a quasi il 70% delle entrate previste. Tuttavia, questo dato viene considerato inattendibile dai rappresentanti di categoria, i quali sostengono che le dichiarazioni medie al lordo per l’anno di imposta 2021 non giustificherebbero un tasso di evasione così elevato. Infatti, artigiani e commercianti avrebbero dichiarato mediamente 33mila euro, e se fossero realmente evasori al 70%, dovrebbero versare annualmente circa 74mila euro, cifra molto oltre il loro reddito.

Questa discrepanza nella narrazione dei dati fiscali mette in evidenza quanto la realtà del lavoro autonomo possa differire dalle stime governative. Molti di questi lavoratori operano come singoli e svolgono funzioni simili a quelle di dipendenti, il che complica ulteriormente la questione dell’evasione. La Cgia fa notare inoltre che le stime del Mef non considerano il tax gap delle categorie escluse dal pagamento dell’Irap, inclusi 1,8 milioni di soggetti, perlopiù nel settore agricolo, e professionisti senza autonoma organizzazione.

Conclusioni critiche sulle stime fiscali italiane

Le osservazioni della Cgia invitano a una riflessione profonda sul sistema di misurazione dell’evasione fiscale, che potrebbe risultare inadeguato e insufficientemente dettagliato. La presenza di numerosi lavoratori esclusi da calcoli fondamentali come quello dell’Irap rende necessario un riesame della metodologia utilizzata per stimare l’evasione e i redditi dichiarati negli autonomi. Alla luce di queste considerazioni, il quadro dell’evasione fiscale italiano si rivela complesso e sfugge a un’analisi univoca, richiedendo ulteriori approfondimenti ed elaborazioni per ottenere una lettura più accurata della realtà.

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