Esportatori cinesi mascherano l’origine dei prodotti per aggirare i dazi americani e si moltiplicano i controlli internazionali

Esportatori cinesi mascherano l’origine dei prodotti per aggirare i dazi americani e si moltiplicano i controlli internazionali

Le tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti aumentano a causa di frodi sull’origine delle merci, con impatti su economia, occupazione e controllo sociale in Cina sotto la guida di Xi Jinping.
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Le tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti si intensificano a causa di frodi sull’origine delle merci cinesi, con gravi ripercussioni sull’economia e il mercato del lavoro cinese, mentre Pechino rafforza il controllo interno per mantenere la stabilità sociale. - Gaeta.it

Le tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti si aggravano mentre i produttori cinesi cercano di eludere i dazi imposti da Washington modificando le indicazioni di provenienza delle merci. Questa pratica ha allertato diversi paesi coinvolti nel passaggio delle merci, che stanno aumentando le verifiche per contrastare le frodi. Il fenomeno ha ripercussioni sulle aziende cinesi, al centro di un rallentamento produttivo e di una crisi occupazionale che si intreccia ai problemi interni del paese.

Il sistema di falsificazione dell’origine delle merci cinesi dirette negli stati uniti

Per sfuggire al dazio del 145 per cento imposto dagli Stati Uniti sui materiali cinesi, le imprese esportatrici adottano strategie di “lavaggio” dell’origine della merce. Lo scambio passa attraverso paesi terzi, soprattutto nel sudest asiatico, come la Malaysia, dove le merci ricevono nuovi certificati di origine falsificati. Le piattaforme social cinesi riportano annunci e consigli dettagliati su come far risultare prodotti cinesi come originari di altri paesi, bypassando così i controlli doganali statunitensi.

Non a caso, autorità di nazioni come Corea del Sud, Vietnam e Thailandia hanno notificato casi di importazioni irregolari. Ad aprile la Corea del Sud ha scoperto merci per un valore di ventuno milioni di dollari con falsi certificati di origine, destinati agli Stati Uniti. Il Vietnam ha invitato esportatori e produttori a monitorare attentamente le materie prime ed evitare il rilascio di documenti fraudolenti. La Thailandia ha introdotto misure più stringenti per l’ispezione e la verifica delle esportazioni dirette in America.

Lo scontro commerciale e l’impatto reale sull’economia cinese

L’imposizione dei dazi ha colpito pesantemente la Cina, con esportazioni negli Stati Uniti in calo del 21 per cento nel mese di aprile 2025 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La perdita ha trovato parziale compensazione attraverso un riallineamento dei flussi commerciali verso paesi del sudest asiatico, America Latina, Africa e Unione europea. Tuttavia, questa strategia rischia di scatenare ulteriori restrizioni in altri paesi, per frenare la diffusione incontrollata di prodotti cinesi.

Gli Stati Uniti mantengono un vantaggio strategico, possedendo risorse essenziali come terre rare e componenti cruciali per la produzione farmaceutica, casi nei quali il mercato cinese fatica a trovare alternative. Al contrario, la Cina soffre la mancanza di clienti statunitensi ma prova a fronteggiare la situazione cercando nuovi mercati e mettendo in atto escamotage commerciali.

Il rallentamento degli scambi nel Pacifico ha compromesso molte attività produttive, in particolare nelle area di Shenzhen e Dongguan: aziende manifatturiere legate ai giocattoli, abbigliamento ed elettronica hanno sospeso commissioni e licenziato personale. Alcuni stabilimenti, come DeHong Electrical Products nel Guangdong, hanno concesso congedi ai dipendenti riducendo il salario minimo, mentre si cerca di contenere i costi e conquistare mercati alternativi.

Le difficoltà interne della cina tra crisi occupazionale e deflazione

A questo scenario commerciale si aggiungono problemi economici interni gravi. Il rallentamento negli investimenti immobiliari e la deflazione hanno ridotto la capacità di spesa delle famiglie cinesi. Prodotti di prima necessità, come alimenti e servizi, mostrano prezzi bassi persistenti che comprimono i profitti delle aziende e i salari dei lavoratori. Questa spirale procura un circolo vizioso in cui i consumi calano ulteriormente.

La perdita di posti di lavoro ha spinto molti cinesi a entrare nell’economia delle consegne a domicilio, ampliando la cosiddetta gig economy che nel 2020 contava circa duecento milioni di partecipanti. Ma la guerra commerciale, per Goldman Sachs, potrebbe costare almeno venti milioni di posti di lavoro a causa del calo delle esportazioni.

Le mosse di xi jinping e il rafforzamento del controllo interno

Nel clima di tensione, il presidente Xi Jinping si prepara all’incontro con la delegazione statunitense in Svizzera, deciso a sostenere la resistenza cinese su più fronti. Il governo si appoggia a un richiamo storico alla lunga battaglia sostenuta da Mao negli anni ’50. Ma la sfida si sposta anche sul piano della sicurezza interna.

Il Partito Comunista intensifica la repressione sui dissidenti, temendo che il malcontento dei lavoratori e delle fasce più giovani metta a rischio la stabilità sociale. In questo senso si amplia l’uso di tecnologie di sorveglianza, ispirate al modello “Fengqiao”, che incoraggia i cittadini a denunciare comportamenti “devianti”. Le forze di sicurezza valutano l’impiego di strumenti di intelligenza artificiale sofisticati per prevedere e prevenire manifestazioni di protesta e malcontento.

Nel 2024 i lavoratori hanno rappresentato oltre il 40 per cento delle manifestazioni contro il governo, secondo dati della ong Freedom House. Xi è preoccupato per la minor disponibilità dei giovani a sopportare sacrifici simili a quelli delle generazioni passate e prepara un rafforzamento della stretta sul controllo sociale per mantenere l’ordine nel paese.

L’evoluzione di questo scontro tra Cina e Stati Uniti sarà determinante per le dinamiche economiche globali e per la tenuta politica della Repubblica popolare. Il confronto resta aperto e segnato da politiche aggressive su entrambi i fronti.

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