In Emilia-Romagna prende forma un piano dettagliato per contrastare il rischio suicidi nelle carceri. La regione, insieme all’amministrazione penitenziaria, ha lavorato due anni su un documento che punta a fermare il fenomeno, in aumento sia a livello locale che nazionale. Ecco come si articola questa nuova strategia e quali sono gli obiettivi a breve e medio termine.
Un piano regionale centrato sulla persona per prevenire il suicidio in carcere
Il progetto appena varato dalla giunta regionale prevede la creazione di equipe multidisciplinari formate da operatori penitenziari, medici, psicologi e assistenti sociali. Questi gruppi si occuperanno di valutare il rischio suicidio fin dal primo momento in cui il detenuto entra nel carcere, seguendolo poi con percorsi clinici mirati e personalizzati.
L’attenzione non si limita a un intervento sanitario standard. Il piano stabilisce che ogni detenuto a rischio vignera seguito fino alla dimissione, con programmi individuali di presa in carico studiati per supportare la sua salute mentale durante tutta la permanenza nel penitenziario.
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Le strutture carcerarie, in collaborazione con le aziende sanitarie locali , dovranno elaborare un piano operativo locale, allineato con le linee guida regionali, per mettere in pratica queste indicazioni. Ogni centro dovrà dunque attrezzarsi per assicurare un monitoraggio e un intervento costante.
Il contesto attuale dei suicidi nelle carceri dell’emilia-romagna
Negli ultimi anni in Emilia-Romagna, come in molte altre regioni italiane, si è registrato un aumento dei casi di suicidio tra le persone detenute. Il sovraffollamento carcerario rischia di aggravare le condizioni psicologiche, incrementando il senso di isolamento e disperazione.
L’assessore alla salute Massimo Fabi ha sottolineato come prevenire il suicidio in carcere vada oltre la semplice questione sanitaria. “È un dovere politico, etico e civile”, ha detto, spiegando che il piano si basa su un modello che mette al centro la persona e il valore del lavoro comune.
Il nuovo metodo punta a costruire un ambiente carcerario più umano, in cui nessuno sia lasciato da solo nel proprio dolore. Questo richiede una sinergia costante tra tutte le figure professionali coinvolte nel percorso del detenuto.
Collaborazione tra amministrazione penitenziaria e servizi sanitari territoriali
Il provveditore dell’amministrazione penitenziaria, Silvio Di Gregorio, ha evidenziato come il documento rappresenti una strategia condivisa. Tutte le amministrazioni coinvolte sono chiamate a prendersi cura in modo coordinato della persona detenuta, affrontando in modo integrato i suoi bisogni.
Il nuovo piano aggiorna una precedente versione risalente al 2018, potenziando la cooperazione tra operatori penitenziari, team sanitari interni e servizi territoriali esterni. Questa connessione è fondamentale per garantire continuità assistenziale e prevenire i rischi anche dopo l’uscita dal carcere.
La strategia prevede quindi non solo un approccio clinico, ma anche una rete di supporto sociale, con attenzione alla reinserzione e a tutte le fasi che seguono la liberazione. Questo permette di ridurre marginalità e fragilità che aumentano il rischio suicidio fuori dalle mura penitenziarie.
Implementazione nei dettagli e prossimi passi nelle carceri regionali
Ogni casa circondariale della regione dovrà attivare un piano locale che traduca in azioni concrete le linee guida regionali. Questo obbliga a definire protocolli specifici, responsabili e strumenti per il monitoraggio continuo dei detenuti a rischio.
I percorsi di prevenzione includeranno visite mediche regolari, colloqui psicologici, gruppi di supporto e interventi mirati per fronteggiare situazioni critiche. Tale metodo punta a intervenire tempestivamente di fronte a segnali di disagio o tentativi di suicidio.
La presenza costante di équipe miste assicura una valutazione ampia e multidimensionale delle condizioni della persona detenuta, senza trascurare nessuno degli aspetti psicologici o sociali implicati.
L’adozione diffusa di questi piani locali garantirà inoltre un confronto continuo fra strutture, con scambio di informazioni e aggiornamenti basati sulle esperienze sul campo.
L’Emilia-Romagna, con questo corpo di norme e protocolli, s’impegna a migliorare la qualità della vita nelle carceri, provando a fermare una tragedia che pesa sulle famiglie e sulla comunità intera. Il progetto è un tassello importante per una gestione della detenzione più attenta e responsabile.