La vicenda di Ebrima Nyass, giovane modello gambiano finito nel centro per il rimpatrio di Bari, ha attirato l’attenzione nelle scorse settimane per le sue implicazioni sulle procedure d’immigrazione. Nonostante il suo lavoro nel mondo della moda e l’integrazione in Italia, Nyass è stato trattenuto per mesi in attesa di rimpatrio, fino alla sua recente liberazione. Il caso mette in luce difficoltà legate a ritardi burocratici e le condizioni dei centri per il rimpatrio nel nostro Paese.
Chi è ebrima nyass e il suo percorso fino all’arrivo in italia
Ebrima Nyass ha poco più di vent’anni ed è originario del Gambia, un paese dell’Africa occidentale. La sua storia comincia molto prima del suo arrivo in Italia. A soli 15 anni, dopo diverse difficoltà familiari, ha lasciato il suo paese a piedi, intraprendendo un viaggio per raggiungere l’Europa che lo ha portato in Italia ancora minorenne. Durante quegli anni di attraversamento Nyass ha affrontato rischi e privazioni comuni a molti minori soli migranti.
Una volta arrivato nel nostro paese ha faticato molto, cercando di costruirsi una nuova vita. Grazie alla sua determinazione è riuscito a inserirsi nel mondo della moda, lavorando come modello, e ha posato per alcune case di moda note. La sua carriera cominciava a decollare, segno che Nyass stava trovando il suo spazio e un futuro possibile in Italia. Nonostante questo il suo percorso è stato segnato da ostacoli burocratici imprevisti.
Leggi anche:
Problemi burocratici e il caso del centro per il rimpatrio di bari
Il punto di svolta nella vicenda di Nyass si è avuto con una serie di intoppi legati al permesso di soggiorno. Tra appuntamenti saltati, timbri mancanti e ritardi nel rinnovo dei documenti, il giovane gambiano si è ritrovato coinvolto in una pratica amministrativa complessa senza potersi difendere adeguatamente. A causa di questo “cortocircuito” burocratico è stato trasferito nel centro per il rimpatrio di Bari, struttura destinata alle persone in attesa di essere rimpatriate.
Dal 19 febbraio, Nyass è stato trattenuto nel Cpr in attesa di un rimpatrio che avrebbe significato il rientro in un paese — il Gambia — che lui aveva lasciato da tempo e senza legami diretti. La situazione ha sollevato critiche da parte di esponenti del mondo politico e dei diritti umani, per le modalità di gestione di questi centri e per le conseguenze umane su chi vi resta.
Il ruolo dell’onorevole elisabetta piccolotti e l’ispezione al cpr
La deputata di Avs Elisabetta Piccolotti ha raccontato la storia di Nyass attraverso i suoi canali social e ha effettuato un’ispezione nel centro per il rimpatrio di Bari per verificare la sua situazione e quella di altri detenuti. Durante la visita ha scoperto che Nyass era ancora trattenuto nella struttura e ha reso noto che, dopo un’azione politica e legale, il giovane era stato liberato il pomeriggio successivo.
Piccolotti ha dichiarato che “nonostante la liberazione di Nyass restano molti problemi da risolvere. Servono tempo e impegno per ottenere tutti i documenti necessari affinché il giovane possa riprendere la sua vita e lavorare in Italia con regolarità.” La deputata ha evidenziato il rischio di deportazioni ingiuste e la difficoltà di un sistema che non prende in considerazione le storie personali e la realtà di chi tenta di ricostruirsi una vita nel paese.
La critica al sistema italiano dei centri per il rimpatrio
Nel racconto della deputata Piccolotti emerge un giudizio critico nei confronti del funzionamento dei centri per il rimpatrio, definiti come spazi “sordi, ciechi e violenti.” Questi centri rappresentano per molti immigrati un luogo isolato, dove i progetti di vita possono interrompersi bruscamente. Spesso chi vi resta incappa in difficoltà psicologiche e nell’uso di farmaci per gestire lo stress e l’isolamento.
La vicenda di Nyass è considerata un caso tra tanti simili, con persone che si trovano a vivere esperienze di detenzione amministrativa prive di considerazione per la storia personale e il percorso di integrazione già avviato. Il dibattito pubblico resta acceso sul modo in cui si gestiscono queste strutture e sulle condizioni dei migranti trattenuti, da anni al centro di denunce sulle violazioni di diritti.
Nel contesto della politica migratoria italiana, questi episodi mostrano le difficoltà di un sistema che non prevede tutele sufficienti per chi ha lasciato un paese lontano da tempo ed è impegnato a costruire una nuova vita. La liberazione di Nyass rappresenta un caso isolato ma segnala le storture di un meccanismo ancora freddo verso le storie individuali.