Un’aggressione violenta e brutale ha scosso la tranquillità di Alba l’8 febbraio scorso. Una donna italiana di 52 anni è stata avvicinata nei pressi della stazione ferroviaria e portata con la forza in un edificio abbandonato, dove è stata vittima di violenza sessuale. L’indagine, chiusa solo ora, ha portato al fermo di due uomini di origine tunisina accusati di violenza sessuale di gruppo. Questo episodio mette in luce i rischi legati a zone poco sorvegliate della città e solleva interrogativi sulla tutela delle persone in momenti di vulnerabilità.
Ricostruzione dell’aggressione e la situazione della vittima
Il pomeriggio dell’8 febbraio, in una zona vicina al centro di Alba, la donna si trovava nei pressi della stazione ferroviaria quando è stata avvicinata da due uomini. Da quanto ricostruito, la vittima era in uno stato di confusione, probabilmente dovuto a malesseri o all’assunzione di farmaci. I due uomini hanno approfittato di questo momento per convincerla – usando inganni o la forza fisica – a seguirli verso un luogo isolato: l’ex centrale Enel, un edificio fatiscente e abbandonato vicino al cimitero comunale. L’edificio è noto alle forze dell’ordine come rifugio per persone senza fissa dimora o tossicodipendenti.
Nel corso della permanenza nell’edificio, la donna è stata ripetutamente aggredita e violentata da entrambi gli uomini. Al termine dell’aggressione i due sono fuggiti, lasciandola sanguinante e in stato di shock. Nonostante le ferite evidenti al volto e al corpo, la vittima è riuscita a tornare a piedi verso la stazione. Lì, alcuni passanti si sono accorti del suo stato e hanno allertato i soccorsi. Trasportata all’ospedale di Verduno, è stata sottoposta alle cure necessarie e presa in carico dagli specialisti che seguono i protocolli per casi di violenza sessuale. Le lesioni riportate, sia fisiche sia psicologiche, sono state documentate dagli esami medici.
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Indagini, fermo dei sospetti e strumenti utilizzati dai carabinieri
Subito dopo il ricovero della donna, i carabinieri della compagnia di Alba hanno avviato l’indagine coordinata dalla procura locale. Le telecamere di videosorveglianza presenti nella zona hanno giocato un ruolo cruciale nel tracciare gli spostamenti dei due sospetti e della vittima prima e dopo l’aggressione. Il volto di uno dei due uomini è stato riconosciuto pochi giorni dopo, permettendo agli investigatori di monitorare i loro movimenti. I carabinieri hanno preferito aspettare per intervenire con il fermo, per evitare che i sospetti raggiungessero il loro paese di origine prima che la giustizia potesse bloccarli.
Organizzazione della fuga impedita
Dalle informazioni emerse, i fermati stavano effettivamente organizzando il rientro in Tunisia, probabilmente consapevoli che le forze dell’ordine erano ormai vicine a identificarli. Il tempestivo intervento ha impedito la fuga e ha portato al fermo per violenza sessuale di gruppo. Il procedimento giudiziario è ancora in corso: i due rimangono in stato di fermo e attendono la convalida del giudice.
Dettaglio delle accuse e possibili aggravanti
Le accuse nei confronti dei due uomini si basano soprattutto sul reato di violenza sessuale di gruppo. La procura valuta con attenzione alcuni aspetti del caso che aggravano la situazione. Tra questi, lo stato di vulnerabilità della donna al momento dell’aggressione e la scelta del luogo isolato per consumare il crimine potrebbero configurare una premeditazione. Questi elementi rispondono a un’aggravante prevista dal codice penale italiano.
Entrambi gli accusati negano le responsabilità, ma il materiale raccolto dagli inquirenti è consistente. Oltre alle immagini delle telecamere, sono stati acquisiti referti medici e le testimonianze dei passanti che hanno soccorso la donna in stazione. Questi elementi disegnano una dinamica che inchioda i sospetti agli eventi.
Risvolti sociali e urbanistici della vicenda ad alba
L’aggressione ha riportato al centro del dibattito pubblico alcune aree di Alba ritenute poco sicure. La zona vicina alla stazione e l’ex centrale Enel sono da tempo segnalate come punti problematici, frequentati da soggetti con situazioni di disagio. Questi luoghi, a causa del degrado e della scarsa sorveglianza, possono diventare teatro di episodi criminali.
L’attacco a una donna di mezza età in pieno giorno, in una parte della città con passanti e abitanti vicini, mostra le falle nella sicurezza urbana. Il caso mette in evidenza la difficoltà di proteggere chi si trova solo o in difficoltà, soprattutto in contesti dove mancano controlli efficaci. Restrizioni territoriali, vigilanza cittadina e presenza delle forze dell’ordine appaiono cruciali per evitare che spazi abbandonati diventino zone di pericolo.
Il rischio della solitudine e della marginalità
La dimensione umana: la vulnerabilità delle vittime di violenza
Dietro il crimine c’è la condizione di solitudine e fragilità in cui si trovava la donna al momento dell’aggressione. La sua età e il suo stato di confusione l’hanno resa una preda facile in un contesto dove la violenza si è consumata senza testimoni diretti. Questa esperienza racconta di come la vulnerabilità può trasformarsi in rischio.
Il caso di Alba fa riflettere sulle precarie condizioni di chi attraversa momenti difficili, siano essi legati a problemi di salute, psicologici o sociali. La presenza di luoghi dimenticati e isolati moltiplica i pericoli. Questo episodio evidenzia l’urgenza di misure che aiutino a riconoscere e sostenere le vittime, anche prevenendo l’accesso a spazi che possono nascondere pericoli.