Draghi: serve un accordo con gli usa sui dazi, nulla tornerà come prima nelle relazioni commerciali

Draghi: serve un accordo con gli usa sui dazi, nulla tornerà come prima nelle relazioni commerciali

Mario Draghi evidenzia come le politiche commerciali unilaterali degli Stati Uniti indeboliscano l’Organizzazione Mondiale del Commercio, creando incertezza e rischi per la crescita e l’occupazione nell’Europa e nell’area Euro.
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Mario Draghi ha evidenziato come le politiche commerciali unilaterali degli Stati Uniti stiano indebolendo il sistema multilaterale, creando incertezza e rischi per l’economia europea, fortemente dipendente dall’export e dai rapporti con il mercato statunitense. - Gaeta.it

Le tensioni commerciali tra Europa e Stati Uniti rimangono al centro del dibattito economico internazionale. Mario Draghi, ex presidente della Banca Centrale Europea, ha commentato il quadro attuale durante il XVIII convegno Cotec a Coimbra, puntando l’attenzione sulle conseguenze delle politiche commerciali unilaterali adottate dagli Stati Uniti e sul futuro dei rapporti economici transatlantici.

Le azioni unilaterali e l’indebolimento dell’organizzazione mondiale del commercio

Mario Draghi ha sottolineato come le recenti misure adottate dall’amministrazione americana, caratterizzate da un vasto ricorso a decisioni unilaterali nel campo dei dazi, abbiano indebolito in modo marcato l’ordine multilaterale. Un elemento chiave di questo deterioramento è la perdita del diritto di voto all’interno dell’Organizzazione Mondiale del Commercio . Questo cambiamento ha reso difficile mantenere un sistema di regole condivise, che invece era alla base dei rapporti commerciali globali fin dai decenni scorsi. Secondo Draghi, tali atteggiamenti compromettono soprattutto l’economia europea, mettendo in crisi le certezze che avevano sostenuto gli investimenti e la crescita del settore manifatturiero dell’area Euro.

Impatto sulle decisioni economiche delle imprese

L’ex presidente della BCE ha ribadito che, anche in uno scenario in cui le tensioni commerciali andassero scemando, persisterebbe un clima di incertezza. Questa incertezza ha effetti tangibili sulle decisioni economiche delle imprese europee. È in particolare il settore manifatturiero che soffre maggiormente, vista la sua dipendenza dai flussi commerciali e investimenti stabili. Questo, a sua volta, si traduce in un freno alla crescita complessiva della zona Euro e limita la capacità di creare nuovi posti di lavoro.

L’importanza delle esportazioni per l’economia europea

Draghi ha ricordato come quasi un quinto del valore aggiunto europeo derivi dalle esportazioni. Il dato è doppio rispetto a quello degli Stati Uniti. L’economia europea poggia su un tessuto produttivo molto legato all’export e il numero di posti di lavoro garantiti da queste attività supera i 30 milioni, ovvero circa il 15% dell’occupazione totale nell’Unione Europea. Questi numeri mostrano chiaramente quanto la competitività internazionale influenzi direttamente la vita di molte persone e famiglie.

L’Europa ha anche un ampio avanzo nelle partite correnti, attorno al 3% annuo, indicatore che segnala una domanda netta proveniente dagli altri paesi. Ciò significa che l’economia dell’area Euro trae un vantaggio finanziario netto dagli scambi con l’estero. Questa apertura commerciale, però, espone pesantemente la crescita e l’occupazione europea a decisioni politiche e condizioni economiche esterne.

Il valore del commercio estero

Secondo Draghi, la competitività sui mercati esteri è essenziale per la stabilità economica europea, tanto da influenzare direttamente la qualità della vita e le prospettive occupazionali.

L’esposizione europea ai mercati statunitensi diretta e indiretta

Il rapporto con gli Stati Uniti rappresenta per l’Unione Europea la principale vulnerabilità commerciale. Gli Stati Uniti sono infatti il mercato di destinazione di oltre il 20% delle esportazioni europee di beni, una quota significativa che rende evidente la forte interdipendenza tra le due aree. Ma l’esposizione europea è anche indiretta, dato che gli Stati Uniti influiscono sulle economie di altri partner commerciali dell’Europa, i quali a loro volta rappresentano mercati rilevanti per i prodotti europei.

Draghi ha spiegato che una flessione della domanda americana si rifletterebbe quindi su scala più ampia, colpendo anche le importazioni di altri paesi dall’Europa. Secondo analisi della BCE, in caso di shock negativo al PIL degli Stati Uniti, gli effetti sull’area Euro dovuti a questa rete di rapporti indiretti supererebbero quelli generati dal calo diretto delle esportazioni verso gli Stati Uniti. Questo fenomeno evidenzia la complessità degli scambi internazionali e l’importanza di mantenere relazioni stabili e prevedibili per il futuro dell’economia europea.

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