La questione del deposito nazionale delle scorie nucleari in Italia resta aperta da molti anni. Il Governo ha segnalato varie aree possibili per accogliere i rifiuti radioattivi, ma la scelta incontra forti opposizioni. Si tratta di un tema delicato che coinvolge territori, ambiente, economia e opinione pubblica, con polemiche che si concentrano soprattutto nell’alto Lazio.
Cosa accoglierà il deposito nazionale e quali sono i rischi legati ai rifiuti
Il deposito nazionale sarà destinato a contenere circa 95mila metri cubi di rifiuti radioattivi. Di questi, 17mila metri cubi sono classificati a media e alta attività , cioè altamente pericolosi per la salute e l’ambiente. I rifiuti provengono sia da centrali nucleari dismesse da tempo sia da produzioni di isotopi usati in medicina.
Si tratta di materiali che impiegheranno migliaia di anni per perdere la loro radioattività . Per questo, dopo la fase iniziale di deposito, le scorie dovranno essere trasferite in un sito geologico più profondo e sicuro. Al momento, quest’ultimo deposito non è ancora stato identificato.
Leggi anche:
Questa lunga durata di pericolo, unita al volume considerevole dei materiali, motiva la cautela e lo scetticismo di molte comunità . I rischi ipotizzati includono fuga di contaminanti, danni alla biodiversità e impatti negativi sulle attività umane intorno. La complessità del tema richiede attenzione e trasparenza da parte delle istituzioni coinvolte.
La mappa delle aree individuate dal governo per il deposito nazionale
Negli ultimi anni il Governo ha stilato una lista di 51 aree distribuite lungo la penisola che potrebbero ospitare il deposito nucleare. Il documento ufficiale, noto come Cnai , elenca questi siti con le caratteristiche geologiche e ambientali che li renderebbero adatti. Il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ha pubblicato questa lista già nel 2021.
Un dato che ha attirato molta attenzione riguarda la provincia di Viterbo, dove si contano ben 21 di questi siti potenzialmente idonei. In particolare, otto di questi si trovano nel comune di Tuscania. È importante notare che questa concentrazione non coinvolge solo aree industriali o discoste, ma anche territori rurali e vicini a centri abitati. Di conseguenza, la possibilità che il deposito venga realizzato proprio in questa zona ha acceso polemiche fra amministratori pubblici e cittadini.
Il dissenso degli amministratori e le preoccupazioni sul territorio della tuscia
Il territorio della Tuscia è considerato dai rappresentanti locali poco adatto ad accogliere il deposito. Gli amministratori riferiscono di aver sottoposto studi scientifici e pareri di esperti che evidenziano problemi ambientali e socioeconomici derivanti dalla presenza di rifiuti radioattivi. Secondo loro, la scelta non tiene conto di rischi concreti legati al paesaggio, all’agricoltura e al turismo, pilastri fondamentali per l’economia della zona.
I sindaci dei comuni coinvolti – tra cui Montalto di Castro, Tarquinia, Tuscania, Arlena di Castro e altri ancora – hanno organizzato proteste e manifestazioni continue. L’allarme si concentra sulla possibilità che, con l’impianto attivo, si possa danneggiare la reputazione del territorio, ridurne il valore immobiliare e mettere a rischio migliaia di aziende agricole. Nessuna risposta concreta sarebbe arrivata alle loro richieste di dialogo o revisione del progetto. Le amministrazioni denunciano, insomma, una mancata considerazione delle loro segnalazioni e un atteggiamento di chiusura da parte dello Stato.