Domenico Massari, 59 anni, ha ricevuto la condanna all’ergastolo per l’omicidio del compagno di cella Antonio Magrini nel carcere di Opera, Milano. Dopo aver ucciso l’ex moglie nel 2019, Massari ha commesso un altro omicidio dietro le sbarre, portando la giustizia a emettere una sentenza definitiva. Il fatto si è verificato il 19 aprile 2024, un episodio grave che ha richiamato l’attenzione sulla sicurezza interna nelle carceri italiane.
La sentenza della corte d’assise di milano per l’omicidio in carcere
La Corte d’Assise di Milano ha condannato Domenico Massari all’ergastolo per l’omicidio aggravato di Antonio Magrini. I giudici togati Bertoja e Fioretta hanno accolto la richiesta della pm Rosaria Stagnaro, che aveva contestato a Massari il reato con aggravanti di sevizie, crudeltà e futili motivi. Il processo si è svolto con evidenze chiare e prove raccolte durante la fase investigativa che non hanno lasciato spazio a dubbi.
Modalità dell’omicidio e dinamica
Magrini è stato strangolato utilizzando i lacci delle scarpe e una cintura di accappatoio, poi è stato ripetutamente colpito con calci alla gola e infine percosso con un bastone. La dinamica del gesto violento è stata particolarmente cruda e ha influito sulla determinazione della pena massima, dato il carattere agghiacciante delle sevizie inflitte. Il reato commesso all’interno della casa circondariale ha portato a riflessioni sul controllo interno e sulle condizioni di convivenza tra detenuti per prevenire episodi simili.
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Motivazioni e contesto del delitto tra detenuti
Durante l’interrogatorio davanti al giudice Luca Milani, titolare dell’ordinanza cautelare, Massari ha confermato la sua versione dei fatti. Ha ammesso di aver agito spinto da un profondo astio nei confronti di Magrini, che condivideva la cella. Le frizioni derivavano dall’uso della televisione e dai problemi legati alla pulizia della stanza dove erano confinati.
Rapporto violento e dichiarazioni in carcere
Massari ha descritto un rapporto segnato da tensioni crescenti, ma il modo in cui ha sciolto queste divergenze è stato estremo e violento. La Corte ha preso atto del contesto di futili motivi unito a una crudeltà evidente. Al momento dell’arresto, Massari ha mostrato preoccupazione per la sua sicurezza personale in carcere, consapevole delle conseguenze della sua azione: «Poi, non ne voglio ammazzare un altro», ha detto al magistrato. Questa frase si inserisce in quel quadro complicato dove l’omicidio ha scatenato timori sulla protezione dei detenuti e sulle eventuali rappresaglie.
Il precedente omicidio dell’ex moglie e la cattura
Il 13 luglio 2019, Massari aveva già provocato un episodio di cronaca drammatico uccidendo la sua ex moglie, Deborah Ballesio. L’omicidio è avvenuto durante una serata al karaoke nei bagni Acquario di Savona, quando Massari sparò sei colpi di pistola contro di lei. Quell’azione violenta ha coinvolto anche altre tre persone che si trovavano nello stesso locale, tra cui una bambina. Fortunatamente le ferite riportate dagli altri presenti non sono state gravi.
Fuga e resa
Dopo il delitto Massari fuggì dal luogo, ma si consegnò volontariamente il giorno seguente nella casa circondariale di Sanremo. Da quel momento ha iniziato a scontare la sua prima condanna all’ergastolo per omicidio. Ora, con il secondo verdetto sulla morte di Magrini, Massari conferma un percorso scritto dal destino di violenza e reclusione. Il caso sottolinea le difficoltà nella gestione di detenuti già condannati per omicidi, soprattutto quando sono costretti a coabitare.