Il rapporto tra Stato e Regioni nella gestione dei siti militari torna al centro del dibattito parlamentare. Una proposta di legge di Fratelli d’Italia, ora alla commissione Difesa della Camera, ribadisce la competenza esclusiva dello Stato sulla difesa nazionale e la gestione delle aree militari. L’iniziativa prevede che le regioni non possano imporre vincoli ambientali sui siti militari senza il consenso dello Stato maggiore della difesa. Il testo mira a modificare il codice dell’ordinamento militare, ma solleva preoccupazioni soprattutto in Sardegna, regione protagonista per l’ampia presenza di servitù militari e impegnata a tutelare il proprio patrimonio ambientale e territoriale.
La posizione della sardegna tra servitù militari e tutela ambientale
La Sardegna si trova in una posizione critica rispetto a questa proposta. La regione ospita oltre 200 chilometri quadrati di servitù militari tra Teulada, Perdasdefogu-Quirra e Capo Frasca. Il carico ambientale e territoriale che deriva da queste aree è molto elevato e lo scontro con la legge nazionale rischia di esacerbare criticità già presenti. Rosanna Laconi, assessora regionale alla Difesa dell’Ambiente, esprime forte contrarietà al testo sottoposto alla Camera.
L’assessora denuncia che la Sardegna pagherebbe il prezzo più alto senza ricevere garanzie o un confronto che tenga conto della sua specificità ambientale e culturale. Tra i punti più controversi spicca l’equiparazione dei poligoni militari ai siti industriali dismessi. Questo avrebbe come conseguenza soglie di contaminazione elevate e misure di tutela meno rigorose sulle aree interessate. Per Laconi, estendere le norme in questo modo potrebbe impedire ogni possibile riconversione civile del territorio, lasciandolo vincolato a un uso esclusivo e permanente militare.
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Inoltre, la regione critica le norme che subordineranno qualsiasi vincolo ambientale imposto dalle Regioni al preventivo nulla osta dello Stato maggiore della difesa. Viene vista come una delega automatica che riduce drasticamente l’autonomia locale, cancellando il potere di intervento della Regione su temi ambientali molto sensibili. Questo atteggiamento, secondo la giunta sarda, non tiene conto delle esigenze di tutela della salute pubblica né del diritto delle comunità a gestire il proprio ambiente.
La Sardegna resta quindi un esempio emblematico della complicazione che si crea quando emergono tensioni tra esigenze militari e pretese ambientali. L’area appare quasi sacrificata, senza possibilità di elaborare strategie di sviluppo alternative o politiche di riconversione territoriale. Le amministrazioni locali chiedono rispetto e modifiche che evitino l’imposizione di regole unilaterali, sottoponendo a verifica puntuale ogni intervento sulle servitù militari.
Le basi della proposta di legge su difesa e competenze regionali
La proposta numero 1887 presentata da Fratelli d’Italia si concentra sulla difesa nazionale e sulla sicurezza come ambiti di esclusiva responsabilità statale. Il testo interviene sul codice dell’ordinamento militare, introducendo una nuova norma che mette sotto il controllo dello Stato maggiore della difesa le attività e le normative relative ai siti militari. In particolare, questa disposizione vuole impedire che le autonomie regionali possano imporre direttive in materia ambientale sulle aree utilizzate dall’esercito, dai poligoni agli insediamenti logistici senza un’approvazione formale da parte dello Stato.
Lo scopo della proposta è assicurare una gestione unitaria delle zone militari e garantire che le esigenze operative e di sicurezza rimangano prioritarie. Le regioni dovrebbero attenersi a queste indicazioni, senza poter adottare regolamenti che rischino di limitare o complicare l’attività delle Forze armate. In pratica, qualsiasi intervento o vincolo ambientale su aree militari dovrebbe passare attraverso una valutazione condivisa e un’ok dallo Stato maggiore. La legge segnala il rischio di interferenze regionali che possano compromettere le operazioni di addestramento, sorveglianza o logistica militare.
La proposta, benché incentrata su sicurezza e difesa, richiama l’attenzione sul delicato equilibrio con le normative locali in materia ambientale. Prevede infatti che le disposizioni regionali siano considerate solo compatibili, senza però imporre obblighi onerosi sulle strutture militari. In sostanza, lo Stato si riserva l’ultima parola sui poligoni e territori interessati, limitando il margine di manovra delle regioni lassù dove si gestiscono aspetti strategici della sicurezza nazionale.
Richieste della regione sardegna e le prospettive di cambiamento
Di fronte alle criticità evidenziate, la Regione Sardegna ha avanzato richieste di modifica sostanziali al testo. In primo luogo propone di eliminare l’assimilazione dei poligoni militari a siti industriali dismessi. Questa misura, sostenuta da molte realtà locali e ambientaliste, vorrebbe impedire soglie di contaminazione elevate e una minore tutela dei territori interessati. Negare questa equivalenza consentirebbe di mantenere parametri più rigorosi nei controlli ambientali.
La Regione chiede anche di rimuovere il meccanismo che subordina all’autorizzazione dello Stato maggiore della difesa tutte le imposizioni di vincoli ambientali e paesaggistici. Considerato come un automatismo, questo meccanismo pone a rischio competenze fondamentali garantite dalla Costituzione alle autonomie regionali. La Sardegna insiste su una maggiore autonomia nel definire e proteggere le proprie aree, soprattutto in considerazione del forte impatto delle servitù militari sul territorio.
Dialogo e confronto tra stato e regioni
Infine, la Regione esprime la necessità di istituzionalizzare momenti di confronto e concertazione chiari e formali prima di qualsiasi azione normativa statale o intervento sulle servitù. Il dialogo tra Stato e Regioni deve garantire un bilanciamento tra difesa nazionale e tutela delle comunità. Importante è che la sicurezza non si faccia a scapito dell’ambiente o dei diritti dei cittadini.
Il testo della proposta rimane aperto a modifiche e confronti con le Regioni. Il dibattito parlamentare si svolge in un quadro politico dove i territori chiamano attenzione e rispetto per la propria realtà. Il tema della riconversione e del futuro delle aree sotto servitù militare resta un nodo da sciogliere con equilibrio tra esigenze operative e tutela ambientale.