Negli ultimi anni, in Italia, si assiste a un fenomeno inaspettato ma significativo: le madri detenute che, nonostante le difficoltà passate legate a maltrattamenti e alla mancanza di istruzione, si impegnano attivamente in percorsi di rieducazione e reinserimento sociale. Queste donne, tra i 25 e i 45 anni, si trovano all’interno degli Icam, strutture pensate per accogliere madri detenute insieme ai loro figli, con l’obiettivo di favorire un ambiente di supporto e crescita.
La situazione attuale delle donne negli Icam
Negli Icam, attualmente presenti in Italia, la realtà è complessa. Le madri, prevalentemente straniere e appartenenti a diverse culture e religioni, affrontano la loro condanna penale portando con sé storie di violenza e sofferenza. Andrea Tollis, direttore dell’associazione ‘Ciao’ di Milano, sottolinea che molte di queste donne arrivano con un bagaglio di traumi legati ai maltrattamenti subiti, che possono manifestarsi come sindromi di stress post traumatico.
All’interno di questi istituti ci sono 21 strutture a custodia attenuata, con 24 figli viventi con le loro madri. Qui si cerca di costruire un percorso di rieducazione che non solo tiene conto dei reati commessi, ma mira anche a restituire autonomia e dignità a queste donne. Il contesto di detenzione viene quindi trasformato in un’opportunità di crescita, dove l’educazione e il supporto psicologico sono centrali.
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Il percorso di rieducazione delle madri detenute
Negli Icam, il processo di rieducazione inizia con un forte focus sulla crescita personale. Le madri partecipano a programmi che si estendono anche nelle case famiglia, come la Casa di Leda a Roma, dove possono interagire attivamente con i loro bambini. Le attività quotidiane, come andare a prendere i figli a scuola o portarli a giocare al parco, diventano fondamentali per costruire legami affettivi e una nuova normalità .
Molte delle donne che giungono in queste strutture sono analfabete e si ritrovano a dover affrontare un vero e proprio percorso di apprendimento, per recuperare le competenze di base. Qui, la relazione madre-figlio acquista un’importanza centrale, e attraverso tecniche specifiche, come la ‘verità narrabile’, supportate da psicologi, le madri apprendono a raccontare ai propri bambini la loro situazione di detenzione in un modo che sia comprensibile e accettabile.
Le sfide e le criticità delle case famiglia per madri detenute
Nonostante i progressi e i cambiamenti positivi osservati negli ultimi quindici anni, le case famiglia che accolgono madri detenute e i loro figli affrontano ancora molte criticità . Tollis avverte che è fondamentale riconoscere l’importanza di queste strutture, affinché possano essere integrate in un sistema di supporto più ampio e sostenibile. L’attuale situazione dei finanziamenti è incerta, e questo pone un grave rischio per la continuità dei programmi offerti.
L’accento deve essere posto sulla necessità di creare luoghi di riferimento sicuri per queste donne e per i loro bambini, in cui possano trovare stabilità e opportunità per costruire un futuro migliore.
Con un maggior know-how da parte degli operatori e una crescente consapevolezza da parte delle detenute, l’obiettivo rimane chiaro: garantire a queste madri la possibilità di riprendere in mano la propria vita e diventare figure solide e presenti per i loro figli.