Durante gli ultimi anni, i Campi Flegrei hanno registrato un incremento significativo di sciami sismici. I dati pubblicati dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia rivelano dettagli importanti sulla crisi di bradisismo iniziata nel 2005, suggerendo che la situazione vulcanica è più complessa di quanto si potesse prevedere. Questo articolo approfondisce le recenti osservazioni sull’attività sismica nella caldera, le sue implicazioni e la necessità di un monitoraggio costante.
Un’analisi approfondita degli sciami sismici
Dal 2020, gli sciami sismici nei Campi Flegrei hanno mostrato un chiaro aumento, e i dati raccolti tra il gennaio 2000 e il dicembre 2023 hanno permesso di analizzare in dettaglio le fluttuazioni dei parametri sismici. Come segnalato da Edoardo Del Pezzo, primo autore dell’articolo e associato di ricerca presso l’Osservatorio Vesuviano dell’INGV, «ogni sciame tende a durare in media un giorno, con una crescente frequenza degli eventi all’interno di ciascuno di essi». Nonostante l’incremento del numero di sciami, si evidenzia che l’energia totale rilasciata non ha mostrato un significativo aumento, il che suggerisce che, pur in presenza di una maggiore attività sismica, la crisi bradisismica non si sta intensificando in modo proporzionale.
Queste osservazioni sono fondamentali per comprendere l’evoluzione della caldera e le dinamiche che la governano. La classificazione degli eventi sismici in relazione alla loro durata e al numero complessivo ha permesso di ricavarne indicazioni sull’instabilità interna della regione. Si potrebbe dedurre che il vulcano sta passando attraverso un ciclo di attività che, sebbene non necessariamente catastrofico, richiede un continuo monitoraggio.
L’ampliamento delle zone di frattura: un fenomeno preoccupante
Francesca Bianco, direttrice del Dipartimento Vulcani dell’INGV e coautrice dello studio, ha messo in luce come, durante il periodo tra ottobre 2022 e dicembre 2023, si sia osservato un ampliamento delle zone di frattura nell’area occidentale della caldera. Questi sviluppi si registrano a profondezza di circa 3.000 metri sotto il livello del mare, in corrispondenza con zone in cui si riscontrano forti contrasti di attenuazione sismica. Questo fatto suggerisce un’intensa attività di deformazione delle rocce subacquee.
Il monitoraggio della densità dei terremoti, sia nello spazio che nel tempo, risulta fondamentale per delineare la fase di instabilità in corso. Infatti, i dati raccolti confermano che l’ampliamento delle aree di fratturazione è notevole rispetto alle misurazioni effettuate in precedenza. «Questo porta a ritenere che il vulcano continui a trovarsi in una fase delicata, e il rischio di eventi significativi non deve essere sottovalutato».
L’importanza del monitoraggio continuo
L’INGV ha sottolineato l’importanza di un approccio di monitoraggio continuo per comprendere le dinamiche sismiche e vulcaniche. Secondo l’istituto, «è cruciale seguire non solo i parametri di densità spaziale dell’energia sismica, ma anche la distribuzione classica degli ipocentri». Questi elementi forniscono un quadro più completo e consentono di interpretare correttamente la situazione, specialmente quando si manifestano eventi numerosi ma di bassa intensità.
In un contesto dove l’energia in gioco può rimanere celata dietro una serie di piccoli eventi sismici, è essenziale disporre di misurazioni che permettano di comprendere l’evoluzione della crisi bradisismica attuale. Solo questo approccio integrato può contribuire a delineare scenari futuri e a garantire una gestione adeguata della sicurezza per la popolazione che vive in prossimità di questa caldera vulcanica attiva.
L’attenzione, quindi, rimane alta sulla situazione dei Campi Flegrei, con l’auspicio che le ricerche in corso forniscano ulteriori chiarimenti sulle inevitabili interazioni tra l’attività sismica e il comportamento vulcanico della regione.