La sentenza di primo grado sul caso degli affidi nella Val d’Enza, giudicata a Reggio Emilia, ha riacceso un acceso confronto tra forze politiche. Il tribunale ha assolto 11 imputati su 14, annullando gran parte delle accuse che avevano fatto scalpore nel 2019, quando l’inchiesta “Angeli e Demoni” travolse il Pd in piena campagna elettorale regionale. Le reazioni sono state immediate, con il Pd che chiede pubbliche scuse e la destra che mantiene la sua linea accusatoria. Il Movimento 5 Stelle, invece, ha preferito restare in silenzio. Sullo sfondo restano le difficoltà a chiudere definitivamente una pagina che segna ancora una forte divisione tra schieramenti.
La sentenza di primo grado e il bilancio delle assoluzioni
Il tribunale di Reggio Emilia ha ridisegnato il quadro del caso degli affidi nella Val d’Enza, con 11 assoluzioni su 14 imputati. Le condanne sono state inflitte solo a tre persone: Federica Anghinolfi, ex responsabile dei Servizi sociali, condannata a due anni per falso in atto pubblico; Francesco Monopoli, assistente sociale, condannato a un anno e otto mesi sempre per falso; e la neuropsichiatra Floriana Murru, che ha ricevuto una pena di cinque mesi per rivelazione di segreto. La gran parte delle accuse è caduta, con alcune assoluzioni arrivate anche per prescrizione.
A scontrarsi duramente sono state le richieste della Procura, che puntava a pene fino a 15 anni per tutti i 14 imputati. I giudici invece hanno parzialmente rigettato questa visione, scegliendo di non riconoscere la maggior parte delle accuse. Restano però spazi aperti nelle contestazioni penali, anche perché il tema degli affidi rimane ancora delicato e complesso, soprattutto per le famiglie coinvolte. L’avvocato Domenico Morace, difensore di parte civile, ha sottolineato la difficoltà di spiegare ai bambini coinvolti che la sentenza ha escluso responsabilità per gli abusi denunciati.
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La reazione del pd: richieste di scuse e rivendicazioni
Il Pd ha fatto sentire forte la propria voce, chiedendo ufficialmente scuse a chi, durante i momenti più bui del caso, aveva accusato il partito con toni duri e reiterati. Stefano Bonaccini, ora europarlamentare e all’epoca candidato alla guida dell’Emilia-Romagna, ha richiamato dettagli e momenti politici, lamentando la speculazione che fu fatta dal centrodestra. “Se avete un minimo di dignità, scusatevi”, ha detto, nominando direttamente leader come Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, che allora usavano il caso per attaccare il Pd. Bonaccini ha ricordato le visite di Meloni e Salvini in regione a sostegno dell’allora candidata della destra Lucia Borgonzoni, tra cui la nota maglietta indossata in Parlamento con la scritta ‘Parlateci di Bibbiano‘.
Anche la segretaria dem Elly Schlein ha denunciato il silenzio della premier Meloni, rimarcando come all’epoca fosse un’opposizione molto attiva su questo tema, con presidi e manifestazioni d’accusa. Nel Pd locale, Daniele Caminati ha definito gli anni passati come “anni di bugie e strumentalizzazioni“. L’ex sindaco di Bibbiano, Francesco Carletti, ha scelto invece la cautela, preferendo il silenzio e condividendo solo le parole del Pd in un momento così delicato.
Le posizioni della destra e il silenzio dei 5 stelle
Nonostante la sentenza, il centrodestra ha mantenuto una posizione critica, considerando la pronuncia giudiziaria insufficiente e ribadendo l’accusa di un sistema illecito. Fratelli d’Italia, in particolare, ha mantenuto alta la tensione sul caso. Il senatore Marco Lisei ha attaccato il Pd, sostenendo che l’esultanza per l’assoluzione prova una condivisione degli affidi contestati. Michele Barcaiuolo, sempre di FdI, ha dichiarato che per loro il caso Bibbiano resta un problema politico anziché giudiziario.
Il Movimento 5 Stelle ha scelto invece la strada del silenzio. Nel 2019, l’allora esponente Luigi Di Maio aveva detto “mai col Pd di Bibbiano”, sostenendo una netta separazione dall’area democratica. Oggi, dopo la sentenza che ha in gran parte smontato le accuse, nessun commento significativo è stato rilasciato dal M5S, scelta che ha contribuito a mantenere il caso al centro del dibattito politico senza un vero chiarimento finale.
Le ripercussioni politiche e sociali nella comunità di bibbiano
La vicenda ha lasciato un segno profondo nella comunità di Bibbiano e nella provincia di Reggio Emilia, ancora divisa dalle polemiche che accompagnarono l’inchiesta e le successive fasi processuali. L’ex sindaco Carletti, coinvolto e poi assolto in passato per il reato di abuso d’ufficio, ha evitato di rilanciare polemiche, limitandosi a diffondere comunicati del Pd locale. Dal canto suo, Matteo Renzi ha definito “vergogna nazionale” la campagna contro il Pd e l’amministrazione di Bibbiano.
Il caso ha coinciso con una campagna elettorale tesa che coinvolse anche ambienti nazionali e il dibattito sulle politiche sociali. Le accuse pesanti, diffuse al tempo, avevano alimentato una narrazione contro il Pd e il cosiddetto “sistema Emilia“. Ora sulla vicenda grava una condanna in appello, circa tre imputati, ma nel complesso la parziale assoluzione mette in discussione molti aspetti dell’accusa originaria. La questione degli affidi rimane sensibile per le famiglie e per gli enti coinvolti, mentre il confronto politico appare destinato a riprendere nelle prossime settimane.