Una tragedia segna la giornata a Fuorigotta, dove alle prime luci dell’alba si è consumato un agguato che ha portato alla morte di Pasquale D’Anna, noto narcotrafficante di 34 anni. Questo evento porta a una riflessione profonda sulla crescente violenza tra bande mafiose nella zona e sulle conseguenze delle dinamiche criminali che coinvolgono i più giovani.
Il contesto dell’agguato
L’azione violenta ha avuto luogo in Piazzale Tecchio, un luogo frequentato soprattutto da giovani usciti dalla movida notturna. Pasquale D’Anna, soprannominato “Oino”, è stato colpito a morte mentre si trovava con il suo guardaspalle Massimo Aragiusto, di 40 anni, che è rimasto ferito nel corso dell’aggressione. I sicari, di cui non è stata ancora resa nota l’identità, hanno attaccato a bordo di una moto di grossa cilindrata, col volto celato da caschi. Nonostante le incertezze iniziali sulla dinamica degli eventi, le testimonianze raccolte sul posto riportano un’atmosfera di caos, con una fuga generale tra le persone presenti al momento dei colpi di pistola.
La presenza delle forze dell’ordine si è intensificata sin dai primi momenti dopo l’aggressione, con l’obiettivo di raccogliere prove utili. Gli agenti stanno analizzando le registrazioni delle telecamere di sorveglianza situate in zona, sia pubbliche che private, per ricostruire la sequenza degli eventi e identificare i colpevoli. Tuttavia, il ferito Massimo Aragiusto non ha ancora potuto fornire la propria testimonianza, complicando ulteriormente le indagini.
Chi era Pasquale D’Anna
Pasquale D’Anna era già conosciuto alle forze di polizia per il suo coinvolgimento nel narcotraffico. Nel luglio del 2022, era stato arrestato durante un’operazione che aveva colpito i due principali clan di Pianura. Nonostante fosse stato accusato di gestire una fiorente attività di spaccio, il tribunale del Riesame aveva successivamente escluso l’aggravante mafiosa, sostenendo che D’Anna agisse in modo indipendente e fosse addirittura vittima di estorsioni. Questa decisione aveva portato a una riduzione delle accuse e alla concessione degli arresti domiciliari su richiesta del suo legale, Antonio Rizzo.
Tra il 2020 e il 2022, D’Anna avrebbe collaborato con i ras del cartello Calone-Esposito-Marsicano, consolidando la sua posizione nel mercato della droga. Tuttavia, ad ottobre del 2023, è stata emessa una condanna di primo grado a due anni e quattro mesi di carcere, seguita dalla sua scarcerazione dagli arresti domiciliari. Il suo assassinio sottolinea come il territorio di Pianura continui a essere un punto di riferimento per la criminalità organizzata, dove le tensioni tra i diversi gruppi sono sempre più evidenti.
Un quartiere in crisi
La morte di D’Anna rivela le fragilità di un quartiere che vive in uno stato di continua allerta. Pianura è storicamente teatro di scontri tra bande rivali, e l’attuale situazione è influita da una nuova generazione di camorristi che tenta di affermare la propria autorità. La presenza di boss in carcere ha creato un vuoto di potere che le nuove leve cercano di riempire, alimentando ulteriormente violenze e conflitti.
Le autoritá locali sono chiamate a un’azione incisiva per risolvere una questione che sta diventando sempre più complessa. La sfida non è solo quella di catturare i colpevoli dell’agguato, ma anche di affrontare le radici profonde della criminalità che affligge il quartiere. Le indagini in corso potrebbero rivelare ulteriori dettagli sulle dinamiche interne ai clan e sulla loro influenza nel tessuto sociale di Pianura.
Questo agguato segna un nuovo capitolo nella lotta contro il narcotraffico in Campania, con la speranza che non si tratti solo di un episodio isolato, ma di un’opportunità per affrontare una piaga sociale che continua a mietere vittime, coinvolgendo sempre più giovani in un ciclo di violenza e illegalità.