Un agente della polizia penitenziaria ha subito un’aggressione violenta nel reparto detentivo dell’ospedale di Vercelli. L’episodio, denunciato dal sindacato Sappe, ha creato allarme per la modalità con cui si è svolto: l’aggressore, un detenuto nordafricano, ha pronunciato il grido “Allah Akbar”. Questo evento ha acceso i riflettori sulle tensioni quotidiane tra agenti e detenuti e sulle possibili infiltrazioni di radicalizzazione religiosa nei carceri.
La dinamica dell’aggressione nel reparto detentivo di vercelli
L’episodio si è verificato all’interno del reparto detentivo dell’ospedale di Vercelli. L’agente penitenziario, in servizio presso la struttura sanitaria, stava semplicemente accompagnando un detenuto nordafricano al bagno, procedura standard durante le visite mediche o soggiorni ospedalieri. Proprio in quel momento il detenuto lo ha sorpreso attaccandolo alle spalle. La violenza del gesto è stata notevole: il poliziotto ha riportato una prognosi superiore ai trenta giorni, con necessità di ingessatura e collare cervicale.
Dichiarazioni del sindacato
Il segretario regionale del Sappe, Vicente Santilli, ha spiegato che l’aggressore è noto per essere già stato coinvolto in diversi episodi critici durante la detenzione. Quell’aggressione è stata definita “folle e assurda”, aggravata dal fatto che è stata pronunciata al grido di “Allah Akbar”. L’intervento rapido di altri agenti ha impedito che la situazione degenerasse ulteriormente, evitando conseguenze peggiori per l’agente.
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Questo episodio, oltre ai danni fisici, ha creato uno stato di allarme nella comunità penitenziaria proprio per il significato provocatorio del grido durante l’attacco, associato a segnali di radicalizzazione e fanatismo.
Il contesto di tensione e la crescente esposizione a ideologie estremiste
La tensione tra agenti e detenuti nelle carceri italiane è un tema complesso e ormai sotto osservazione da tempo. Secondo i rappresentanti del Sappe, la violenza fisica ormai si accompagna a minacce e insulti continui. La presenza di parole d’ordine legate al fondamentalismo islamico rende ancora più complicato il lavoro degli agenti penitenziari. Santilli sottolinea come ormai il clima lavorativo sia ormai insostenibile, chiedendo attenzione alle condizioni in cui operano gli agenti in reparti detentivi ospedalieri e non solo.
Il quadro si fa più preoccupante perché episodi simili confermano che non si tratta di casi isolati ma di un trend crescente. L’influsso di ideologie estremiste in carcere aumenta la rischiosità degli ambienti e può alimentare comportamenti violenti nei confronti di chi fa rispettare le regole.
Segnali di allarme interni
Donato Capece, segretario generale del Sappe, mette in guardia da tempo sul rischio concreto che i carceri diventino terreno fertile per il reclutamento di soggetti radicalizzati da movimenti jihadisti. L’allarme non riguarda solo la presenza di detenuti già estremisti, ma anche la capacità della propaganda jihadista di penetrare tra i più vulnerabili. Coinvolgere persone fragili, psicologicamente isolate e prive di riferimenti esterni si traduce in una minaccia che il sistema penitenziario fatica a fronteggiare.
L’allarme del sindacato sulla radicalizzazione religiosa nelle carceri italiane
Le celle sovraffollate e la mancanza di supporti esterni agevolano la diffusione di tali ideologie, mentre il disagio personale e la solitudine rendono i detenuti particolarmente recettivi a messaggi estremisti. Per Capece il cammino verso la radicalizzazione si accelera proprio in queste condizioni di fragilità, rendendo necessario un intervento puntuale e mirato.
Richieste di misure per la sicurezza e il controllo negli ospedali penitenziari
Il Sappe ribadisce da tempo la necessità di interventi concreti per tutelare la sicurezza degli agenti penitenziari, specialmente in contesti delicati come i reparti detentivi ospedalieri. L’aggressione di Vercelli mette in evidenza le carenze attuali e il bisogno di migliorare la sorveglianza nei confronti di detenuti che rappresentano un rischio per gli operatori.
Oltre a potenziare la sicurezza fisica dei reparti, il sindacato richiede un monitoraggio più stretto dei detenuti indicati come soggetti a possibile radicalizzazione religiosa. Azioni di prevenzione e formazione sono ritenute indispensabili per contenere la diffusione della violenza ispirata da ideologie estremiste dentro le carceri. L’episodio conferma quanto sia urgente intervenire, dati i rischi che le istituzioni stanno affrontando sui luoghi di detenzione e cura.